24 Gennaio 2013
Il pomeriggio del 22 gennaio 2013, dalle saline, arrivava un’aria che sapeva di mare. Appena appena frizzante, quanto basta per stimolare la voglia di fare, di fare insieme, di esserci e di crederci. E quest’arietta gentile si è piacevolmente incuneata all’interno del plesso Domenico Costa.
Ove, in ambienti “dedicati”, e meravigliosamente ristrutturati dalla certosina abilità degli Unitrini, sotto la sapiente guida del Presidente Dott. Giuseppe Caramagno, sceso in campo anche con la figliola, valente architetto, oltre che con la omnipresente consorte Franca, è stato creato il “Circolo Sociale Unitre”.
Perché? La risposta è nel proficuo lavoro svolto, in oltre 10 anni, dall’Uni3, in favore della collettività.
Inizialmente, rivolgendosi alla fascia più “attempata”, per farsi, via via, conoscere anche da una collettività più giovane, fino a raggiungere l’interesse dei giovanissimi studenti.
Gli argomenti (che non chiamerò materie) trattati dagli Amici (che non chiamerò Docenti) che si sono avvicendati in centinaia di incontri (che non chiamerò lezioni), hanno spaziato in lungo e largo nell’universo dello scibile umano.
Raccogliendo interessati, apprezzati e condivisi consensi. Fisiologica, dunque, la fase successiva. La creazione di una realtà sociale che stemperi la solitudine, la devianza di qualunque età, il bisogno di essere per esistere, la trasmissione ed il mutuo scambio di esperienze di “Vita vissuta”. Una fucina di doni profusi agli altri. A cui poter attingere a piene mani.
Mi è piaciuto cogliere, dalle parole di inaugurazione del Presidente Caramagno, così come da quelle di incoraggiamento e di benedizione di Padre Angelo, l’afflato sintetizzabile nell’espressione, elevabile a motto Unitrino: “Costruire, insieme, una Città dal volto umano, nel quartiere, e tramite i quartieri”.
Questa frase, da sola, rende l’idea di ciò che vogliono fare gli Unitrini, attraverso il loro, vostro, nostro Circolo.
Uno dei regali che possiamo fare al quartiere, per esempio, è quello che nasce da questa semplice idea.
Oggi, viviamo in un mondo in cui le favole raccontate dalle nostre nonne, o delle zie anziane, spesso inventate al momento o con un improbabile intreccio di fate, maghe, nanetti, cacciatori di lupi, zucche e così via, che ci facevano sognare e stimolavano la nostra fantasia, sono state surrogate dai discutibilissimi cartoon televisivi.
Recuperiamo questa preziosa memoria storica. Invitiamo i bambini delle elementari ad ascoltare vecchi “cunti”, vecchie “miniminagghi”, antiche filastrocche, dimenticate “ninne nanne”. Facciamoli accompagnare dalle mamme, dalle nonne, dalle zie.
Si incontreranno, socializzeranno, troveranno interessi comuni: un vecchio parente, una ricetta di cucina, andare al cinema, (magari, per chi non guida, accompagnati con la vettura della Misericordia, ecc.. Ma, frequentare il Circolo, a qualunque età, sarà anche motivo di uscire dal proprio guscio, di confrontarsi tra Amici, di scoprirsi coinvolto e coinvolgente; di scoprirsi ancora valido ed utile.
Il quartiere “saline”, poi, offre logisticamente mille opportunità: faunistiche, botaniche, storiche, taumaturgiche, ampi spazi, ecc. ecc.. A fianco di queste opportunità, purtroppo, vi è anche una realtà sociale che può avere anche il sapore dell’emarginazione, dell’indigenza, della dignità vilipesa, dell’infanzia tradita, del malaffare, della tossicodipendenza e via dicendo.
Il Circolo Unitre potrà rappresentare una valida bussola, per chi teme di avere smarrito la “sua” strada, come per chi ha bisogno di essere aiutato a reggere il timone della propria vita. Anche con una semplice parola, con un affettuoso e disinteressato consiglio.
Attraverso la filosofia del donarsi senza nulla in cambio chiedere, sarà possibile insistere in un tessuto sociale che, spesso, può essere foriero di malesseri psichici, capaci di accrescere o generare problemi organici, anche importanti.
Il Circolo Unitre, in conclusione, può essere il vento che gonfia le vele, l’elica che spinge la barca o l’ancora che tiene salda la nave in rada.
A tutti gli Unitrini un sentito grazie dalla collettività del quartiere saline, con l’augurio che questo “laboratorio sperimentale” possa contagiare altri quartieri della Città. In una controtendenza che smantelli l’abulia e riscopra la fiducia nell’individuo come cultore dell’essere e non solo dell’apparire.