franca_morana_carnevalePubblichiamo la riflessione della signora Franca Morana Caramagno scritta a proposito del difficile e delicato momento che stiamo vivendo.

Che succede? In televisione incalzano bollettini di guerra!  Morti, ammalati, terapie intensive, ricoveri, ospedali saturi, operatori sanitari al collasso, Protezione Civile in azione, Polizia di Stato ai bordi delle strade deserte, attività commerciali di ogni genere chiuse, tutto fermo, come se fosse passato un mago e con bacchetta magica avesse fermato il tempo, mentre un grido risuona da ogni parte: “io resto a casa”, “uscire solo con mascherine e guanti” e su tutto il web corre un comando: “state a casa”.

Un film, un documentario di cronaca. Nelle famiglie impazza la corsa alle scorte alimentari, in fila con i carrelli e bardati con le protezioni sanitarie. Quante paure per ogni contatto umano, per possibile contagio, quasi come se, ognuno fosse diventato “untore”!  

Quando al mattino apri la finestra al nuovo giorno, subito torna in mente la realtà surreale e ti chiedi: “E oggi? Clausura, divieto, nessuna relazione fisica, nessun contatto, niente incontri, niente progetti, niente “fantasie organizzative” per la nostra bella Associazione Unitre, niente inventive sociali e umanitarie” e qui il grigio del cielo si impossessa anche del tuo cuore. Passano i giorni, pesanti, uguali, piatti.

Ma un bel giorno ti accorgi che in questo documentario di guerra, hai scampato il pericolo e sei ancora “sana”, “negativa al virus”, “viva” e puoi sopravvivere anche senza il frigorifero pieno, senza l’appuntamento dalla parrucchiera, senza la ricerca dell’ultimo gadget, senza quel “superfluo” che credevi “indispensabile”. Allora solo in nome di quanti invece sono rimasti vittime del velenoso virus, di quanti hanno pagato con la vita nello svolgere il loro servizio sanitario, è doveroso reagire, rispettare le regole, e ripercorrere col cuore quei contatti che “prima” facevano parte cordiale della tua vita, la riempivano, la profumavano, l’arricchivano.

Ecco la “riflessione”, il “ridimensionamento” e sembra che la pellicola della tua vita, si riavvolge e torna indietro quando tutto era dovuto, conquistato, fino a vanificare il sapore della conquista, della meta raggiunta, dell’obiettivo realizzato.

Mi manca la mia numerosa famiglia, i miei 4 figli sparsi in Europa per famiglia e lavoro, mi manca la mia “tribù” di ben 16 persone, mi mancano i miei 7 nipoti che crescono senza di me, mi mancano i loro “ritorni a casa”, l’euforia del ritrovarsi dopo mesi e le novità dei primi “fidanzatini” e dei progressi scolastici.

I media ci dicono che questi impedimenti possono diventare opportunità di nuovi stili di vita. Rifletto! E’ vero! Anch’io credevo che bastava avere “le cose”, il confort, il tutto, per sentirsi soddisfatti. No! E’ l’umanità che mi manca, il confronto, le condivisioni, le relazioni sociali, gli abbracci, i sorrisi, le divergenze che fanno bene, mi manca “l’altro”, diverso da me.

Nella nostra Associazione Unitre di Augusta (SR) il mio modesto ruolo di socia, era affiancare mio marito presidente con il suo Direttivo, in alcune attività collaterali agli incontri con docenti nelle varie discipline.

Come da Statuto, i nostri laboratori hanno un colore diverso per lo specifico delle richieste sociali, per cui era mio impegno collaborare nella direzione “umanità e solidarietà”.

Con un comitato definito “ricreativo”, eravamo molto gasati nell’inventare momenti ricreativi, iniziative di solidarietà verso categorie deboli della nostra realtà sociale in occasioni particolari, e quasi si gareggiava per trovare l’ultimo “exploit” per coinvolgere i soci a partecipare da protagonisti più che da spettatori. E i nostri “cari ragazzi soci” aspettavano sempre le nostre sorprese per trascorrere orette di vera “terapia del sorriso e del bel canto”. Appuntamenti cadenzati segnavano il nostro calendario, mentre si scoprivano talenti nascosti, registi teatrali, maestri di musica, di pittura, di ballo, di canto, di gioco a tavolino.

E come diceva la nostra compianta presidente nazionale, Irma Re, i nostri progetti miravano sempre ad “aggiungere anni alla vita”. I nostri trecento soci ora dove saranno? Come stanno? Il loro cuore batterà ancora per tornare in quella aula magna dell’Istituto che ci ospitava? E quando e come tutto questo potrà tornare a farci sentire “famiglia allargata”? Ottimismo, fiducia, lungimiranza ci devono sostenere in questo tunnel improvviso e non bisogna demordere, in attesa di tempi migliori.

Un carissimo nostro docente di psicologia e amatissimo vicepresidente dell’Unitre di Augusta, nei suoi incontri esordisce spesso così: “Cari ragazzi e care ragazze. Buonasera. Siete andate dalla parrucchiera? Avete incontrato l’amica e avete scelto il vostro posto in aula accanto a… ?   Sì, perché questo è il primo beneficio che alla nostra età diventa medicina, terapia, input di sopravvivenza alle tante difficoltà geriatriche. Questa è la nostra Associazione che in città, da 22 anni semina, raccoglie, dona, riceve e colora il grigio che rispecchia i nostri capelli.

Quanti generosi docenti ci hanno regalato “sapere”, cultura, tempo, tradizioni, nozioni scientifiche, attività ludiche, pittoriche, e musicali di alto livello! Con il sacrificio di tanti, la nostra Associazione era, e spero sia ancora, un fiore all’occhiello per la nostra città, e i nostri soci nei vari ruoli, si sentivano “primi attori” nella regia di un progetto dalle tante sfaccettature. E quanti progetti “nonni – nipoti“ ci hanno arricchito e con concorsi verso le scuole superiori, la nostra responsabile dei corsi, collaborata dal Comitato scientifico, riusciva a formalizzare le “tavole rotonde” con studenti e docenti con temi di attualità.

Ecco tutto questo era vita per una fetta di generazione che non si sentiva più dietro le quinte della vita, ma protagonista di una “Cultura, Umanità, Solidarietà” mentre si conviveva con i problemi che l’età porta come bagaglio.

Chiudo gli occhi e vedo le mie “compagne di classe” intente a sfornare l’ultimo piatto culinario della loro tradizione di gioventù; le vedo sferruzzare accanto alla finestra la sciarpa per il nipotino che rivedrà spera presto!

Somatizzare una pandemia significa dunque toccare il fondo ma… come affermava Archimede, questo peso che sprofonda nel cuore, “riceve una spinta verticale dal basso verso l’alto uguale al peso del liquido spostato” e così ripartire con una energia nuova.

Ed infine la Fede dei nostri padri, il Credo cristiano che ha accompagnato tanti passi e tante scalate sotto la pioggia e la tempesta nella vita, ci ricorda che alzare gli occhi, e invocare l’aiuto misericordioso di un Dio - Padre, aiuta e accarezza il cuore come un alito di vento di primavera. Riconoscerci figli di Dio è il presupposto più credibile per vincere!

Anche questo deve essere un programma di vita in un momento di grande smarrimento e di stupore per l’attacco improvviso di un nemico micidiale e invisibile: il coronavirus.

Coraggio, compagni di scuola, coraggio perchè la nostra generazione ha vinto battaglie ben più pesanti ed ora ci raccontiamo le vittorie riportate, le lezioni di sopravvivenza imparate e le conquiste.

E’ questo l’augurio che mi ripeto e indirizzo a tutti per trovare una nuova energia, con la speranza che altri come me e migliori di me, ripartano con il bagaglio più ricco e più prezioso per cantare “vittoria” e … tornare “a scuola”.  AUGURI!        

Franca Morana Caramagno


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