15 Maggio 2020
Per la rubrica “Umanità e Solidarietà ai tempi del Covid-19”, pubblichiamo la lettera che il nostro docente Giuseppe Carrabino, presidente della Società Augustana di Storia Patria, ha dedicato ai soci dell'Unitre Augusta.
Carissimi,
consentitemi innanzitutto di porgere un affettuoso saluto al nostro dinamico presidente, alla gentile consorte, al consiglio direttivo e a ciascuno di voi che siete il cuore pulsante di questa bella realtà che è l’Unitre di Augusta. Un cuore, che nonostante le difficoltà dei nostri giorni, continua a battere incessantemente con forme nuove con la finalità di continuare quel cammino che è iniziato oltre venti anni addietro.
Volentieri ho accolto l’invito del presidente per condividere le mie riflessioni su questo particolare momento che stiamo vivendo. Mi ha chiesto una riflessione, sia a titolo personale, quale docente dell’Unitre, e un'altra quale presidente della Società Augustana di Storia Patria. Un periodo che nonostante il suo carico di malattia, morte e sofferenza causata anche dalle difficoltà economiche, ciò nonostante ha permesso a ciascuno di noi di sperimentare l’importanza di interrogarci, rivalutando spazi dimenticati, condivisioni familiari, il senso dell’amicizia. In effetti abbiamo avuto la possibilità di ritrovare noi stessi a partire dal riordino delle nostre “cose” materiali e immateriali.
Tutti voi, che avete avuto modo di conoscermi durante i nostri incontri, sapete bene quanta importanza ho sempre dato al patrimonio materiale e intangibile, oggi più che mai tutto questo ha assunto una importanza straordinaria.
Il riordino materiale delle “cose” è stato uno dei primi adempimenti nel periodo di forzata “clausura”. Quanti di noi abbiamo dedicato il tempo a “riordinare”. Personalmente posso dirvi che non riuscivo a farlo ormai da qualche lustro. Il riordino delle mie “cose”, nel mio studio, attraverso carte, documenti, libri, riviste, mi ha riportato indietro nel tempo permettendomi di far riaffiorare sul crinale dei ricordi, tante esperienze maturate nel corso degli anni. Ho rivisto volti, episodi, situazioni che comunque fanno parte della mia esistenza.
Certo il momento storico che stiamo vivendo è contradditorio. Da parecchio tempo viviamo “globalizzati”, siamo stati invitati a rivedere i nostri confini che non sono più quelli della nostra città, della regione, dello stato, dell’Europa, ma sono quelli del mondo. Un mondo globalizzato culturalmente, economicamente, socialmente, pur con le limitazioni di quegli Stati che per ideologie o per estremismi religiosi sono tenuti a debita distanza. Improvvisamente tutto è cambiato, non solo sono stati ripristinati i “confini” geografici, ma addirittura siamo stati costretti ad alzare barriere perfino con i nostri cari. Quanto è stato difficile doverci separare da quanti ci vogliono bene. Per la loro salute abbiamo dovuto mantenere le distanze con i nostri genitori, con i nostri familiari, con le persone e gli amici più cari. Quanto è stato difficile per noi gente del sud, dover mantenere le distanze, non salutarci con una stretta di mano o con un affettuoso abbraccio. E…poi l’incubo delle distanze con l’untore di manzoniana memoria che è divenuto improvvisamente il nostro timore.
Oggi si parla di ripartenze. Trascorsa la “fase 1”, siamo entrati nella “fase 2” ma non sappiamo ancora cosa ci aspetta in futuro. Dicono che non sarà più tutto uguale come prima, che dovremo abituarci a nuovi stili di vita. Ecco allora queste riflessioni che condividiamo e che vogliono essere una sorta di “prova generale” su “cosa” e “come” dovremo riorganizzarci per il futuro. Del resto attraverso il web, abbiamo avuto modo di ascoltare e partecipare a video conferenze; il mondo della scuola e dell’Università si sono attivati per lezioni on line, come del resto il repentino ricorso allo smart working per tante piccole, medie e grandi aziende. Tutti noi dovremo imparare ad accostarci a questi strumenti per poter comunque andare avanti il quel percorso che abbiamo intrapreso.
In questo periodo abbiamo sperimentato il venir meno di quei momenti di aggregazione che scandivano il nostro tempo, il tempo festivo. Un argomento che è stato il tema di due incontri che ho tenuto proprio nel mese di gennaio di quest’anno: le feste religiose, civili e familiari. Avevamo analizzato l’importanza di questi momenti di aggregazione in cui celebriamo ‘identità civica e religiosa della comunità’.
Che tristezza non aver potuto celebrare i suggestivi riti della Settimana Santa, ivi compresa la tradizione della notte del Giovedì Santo con il suggestivo suono della tromba e del tamburo che pur richiamando il dolore di una donna di duemila anni addietro, è vissuto in maniera corale dalla cittadinanza: in quel suono rivivono emozioni che travalicano il sacro, permettendo di rivivere esperienze del distacco che ciascuno di noi ha sperimentato.
Tutto questo è mancato. Ecco perché è importante il tempo “festivo” che da sempre scandisce la vita dell’umanità.
Oggi ciascuno di noi è chiamato con rinnovato vigore a sperimentare questo senso di appartenenza, in primis, con la solidarietà nei confronti di chi ci sta accanto. Motivi di solidarietà devono ispirare il nostro agire in una situazione che richiede le stesse comunità ad adoperarsi così come è sempre avvenuto nella nostra storia.
Quante comunità parrocchiali con i loro parroci si sono reinventate in questi mesi mettendo in pratica il servizio nei confronti del prossimo. Oltre alla celebrazione eucaristica attraverso il web, il servizio della carità che è divenuto elemento preziosissimo e concreto per quanti perdendo il lavoro si sono ritrovati senza il pane quotidiano. Un servizio che ha animato laici e credenti.
Ecco allora la gratuità, il volontariato, la solidarietà, l’azione di tante belle realtà che si sono adoperate per donare e donarsi, divenendo pertanto la più bella risposta ai momenti di lutto, dolore e sofferenza. Quante belle testimonianze nei confronti di medici, infermieri, forze dell’Ordine che sono stati in prima linea nel prendersi cura, aiutare, soccorrere, ci sono immagini che rimarranno scolpite nel nostro cuore. Sono immagini di speranza, sono immagini che ci invitano a guardare avanti e continuare con fiducia il nostro cammino. Ciascuno di noi ha una grande responsabilità, quella di consegnare al futuro pagine di speranza e impegno concreto.
Andiamo avanti, pur nelle difficoltà. Riprendiamo quel percorso che abbiamo intrapreso con la consapevolezza che questa esperienza ha permesso a ciascuno di noi di ritrovare la bellezza dei valori che, forse, avevamo smarrito.
Giuseppe Carrabino
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