14 Marzo 2013
Pubblichiamo una sintesi della lezione tenuta il 4 febbraio 2013 dalla Dott.ssa Lucia Imprescia. Dopo aver introdotto l’etimologia della maschera nell’antica Grecia e nel Barocco, la Dott.ssa Imprescia ci illustra i Mascheroni in alcuni palazzi nobiliari e monumenti del Siracusano.
La maschera, di solito rappresenta un finto volto usato da chi la indossa per nascondere la propria identità. Nell’Atene del V sec. a.C. in occasione delle rappresentazioni teatrali gli attori utilizzavano la “ maschera”.
Uno strumento scenico che doveva manifestare un volto tragico, nelle tragedie, o comico, nelle commedie. Secondo Aristotele la maschera teatrale doveva essere “brutta e deforme, ma senza espressione di dolore”.
I Greci adoperavano il termine prosopon, che letteralmente significa ‘faccia, volto’ ma ancor più esatto sarebbe dire “ davanti agli occhi (di altri).” Dunque il significato di maschera e faccia si sovrappongono.
Gli attori si chiamavano hypokrites, ipocriti, perché simulavano atteggiamenti o sentimenti contrari a ciò che pensavano o avevano in animo di fare. Il viso quale involucro di muscoli era pensato come una maschera che nascondeva i pensieri e i sentimenti più intimi di ciascun individuo.
Il termine latino utilizzato per indicare la maschera teatrale è invece quello di persona, per-sona, suona attraverso. Lo strumento attraverso cui risuonava la voce dell’attore. ‘Persona’ da cui: personaggio, personale, impersonare, personale e per estensione “individuo”.
Nel corso delle varie dominazioni in Sicilia si annoverano altre derivazioni della parola maschera: dal latino medievale masca, strega; dal provenzale masc-mascra-màscara, stregone; dall’arabo mascharat buffonata, burla dal verbo sachira, deridere, burlare; dal francese baska da cui il verbo robascher fare fracasso.
Le varie espressioni sottolineano il doppio senso di ‘maschera’ come “ anima cattiva” o qualcosa di spensierato e festoso.
Nel periodo della dominazione spagnola in Sicilia si afferma l’architettura barocca a partire dal 1610 che giungerà al suo culmine intorno alla metà del diciottesimo secolo con gli edifici degli architetti Rosario Gagliardi e Giovanni Battista Vaccarini.
Città come Catania, Siracusa, Noto, Ragusa, Modica, Acireale divennero centri dell’architettura barocca solo dopo il violento terremoto del 1693.
Dall’accurata osservazione delle decorazioni barocche presenti negli edifici sparsi nel territorio siracusano si evince una rilettura della maschera come trasformazione di volti umani in figure demoniache o faunesche o in maschere drammatiche dalle varie espressioni. La maschera nella sua ricchezza plastica trasforma le facciate dei palazzi nobiliari in quinte teatrali.
Ma per la classe aristocratica essa è il paradigma di un ordinamento sociale, di un emblema, quale segno di potere e di benessere economico. Le forme delle maschere diventano un gioco di combinazioni e così si trasformano in mostro per suscitare orrore, o demone per suscitare paura.
Ma la maschera barocca si svuota di questi significati e le immagini assumono solo un carattere decorativo e tendono a meravigliare e stupire lo spettatore tanto che l’orrore diventa riso. Tali caratteristiche si trovano nelle maschere decorative dei palazzi di Siracusa: Impellizzeri, Gargallo, Beneventano del Bosco.
Nei palazzi di Noto, Palazzo Nicolaci di Villa Dorata dai balconi esuberanti con mensole fantasiose a forma di putti, cavalli sirene, leoni e figure grottesche fra cui spicca un personaggio dalle fattezze tipicamente mediorientali detto “ el turco”.
A Augusta ormai l’unico esempio ancora visibile di architettura barocca è quella di Palazzo Ferreri in cui è possibile ammirare un prospetto scenografico-teatrale.
Una protome di mascherone grottesco è presente anche nella Porta Spagnola che forse simboleggia il viso di un signore aristocratico del ‘600, in armi con folti baffi, anche questo da intendere come segno di potere spagnolo che si affermava ad Augusta? Così come i due volti posti lateralmente incastonati in una voluta: un volto maschile a sinistra e uno femminile a destra.
Non si tratta di due facce qualsiasi scolpite solo come decorazione, ma aprono allo spettatore un episodio della storia di Spagna sintetizzata nello stemma araldico, ovvero il tentativo dei francesi di sottrarre agli Spagnoli le piazzaforti di Messina e Augusta, tentativo fallito perché in breve tempo Augusta tornò sotto il dominio spagnolo.
Le due figure sono state identificate come Rodrigo Diaz detto “ el campeador” e la moglie donna Ximena. Entrambi custodi della potenza militare di Spagna.