23 Aprile 2014
Pubblichiamo una sintesi della lezione, su Renzo Piano, svolta giovedì 3 aprile 2014, dall’Arch. Prof. Giuseppe Cassisi.
Scrive Renzo Piano nel libro Giornale di bordo (2007):
“Quello dell'architetto è un mestiere d'avventura: un mestiere di frontiera, in bilico tra arte e scienza. Al confine tra invenzione e memoria, sospeso tra il coraggio della modernità e la prudenza della tradizione. L'architetto fa il mestiere più bello del mondo perché su un piccolo pianeta dove tutto è già stato scoperto, progettare è ancora una delle più grandi avventure possibili”
Renzo Piano nasce a Genova nel 1937 in una famiglia di costruttori. Si laurea nel 1964 al Politecnico di Milano. Grazie al padre, costruttore edile, ha subito la possibilità di conoscere la vita di cantiere e di esercitare la professione. Fin dall'inizio la sua “firma” stilistica è contraddistinta da una costante ricerca e sperimentazione nei riguardi dei materiali e delle tipologie strutturali e da una forte vena anti-accademica entrambe alimentate, come più volte affermato, da una passione totalizzante per la tecnica ed il costruire. La vera fama arriva nel con 1970 quando Monica Pidgeon, editore per 30 anni della rivista AD - Architectural Design, organizza una mostra sui suoi lavori sperimentali.
A sorpresa, vista la giovane età, insieme a Rogers e Franchini, vince nel 1971 il concorso internazionale per la realizzazione del Centre Georges Pompidou (noto anche come Beaubourg) a Parigi battendo 681 concorrenti, provenienti da 49 Paesi, con un progetto molto audace e con una portata rivoluzionaria per l'epoca. Considerato il manifesto dell'architettura high-tech, è oggi uno dei monumenti di Parigi più visitati. A proposito del progetto del Centre Pompidou, Piano dichiarò che l'intento era quello di realizzare: «una gioiosa macchina urbana […] una creatura che potrebbe essere uscita da un libro di Jules Verne».
Il Centro fu voluto da G. Pompidou, presidente della repubblica francese dal ‘69 al ‘74, per creare nel cuore di Parigi un'istituzione culturale dedicata all'arte moderna e contemporanea a cui si affiancassero anche libri, design, musica, cinema. Per questo comprende la Bibliothèque publique d'information, il Musée national d'art moderne, l’IRCAM dedicato alla musica e alle ricerche acustiche, e il Centro del design industriale. Aperto al pubblico dal 31 gennaio 1977, custodisce una collezione di circa 70 mila opere, in cui accanto alle arti visive trovano posto design, architettura, fotografia e opere multimediali. Queste opere vengono proposte attraverso forme espositive costantemente rinnovate e spesso accompagnate da conferenze, dibattiti, concerti e spettacoli. Ogni anno il Centro organizza una trentina di esposizioni monografiche o tematiche, raccogliendo in mostre temporanee anche materiale proveniente da altre collezioni. È oggi frequentato da oltre 25.000 visitatori al giorno.
La piazza pedonale creata intorno all’edificio funge da “superficie di contatto” con il resto della città. Piazza e edificio formano uno spazio continuo e omogeneo, in cui la prima ospita le attività spontanee e non programmate
L’edificio è costituito da 7 piani f.t., in vetro e acciaio, e 3 piani interrati che ospitano le aree di servizio e i locali tecnici. Ogni livello ha un interpiano di 7 metri. La struttura è costituita da 14 portici con 13 campate, ognuno con una portata di 48 metri, e interasse circa 13 metri. All’estremità superiore dei pilastri in acciaio centrifugato, ad ogni piano, ci sono delle mensole in acciaio pressofuse di 8 metri di lunghezza e 10 tonnellate di peso. Le travi lunghe 45 metri sono poggiate a queste “mensole”, che trasferiscono gli sforzi lungo i pilastri e sono bilanciate da tiranti e croci di controventamento.
La gerarchia strutturale è chiaramente leggibile: ogni sezione dei profili in acciaio risponde agli sforzi a cui è sottoposta.
Questo massiccio insieme visibile di componenti strutturali elimina la necessità di sostegno interno e consente la creazione di grandi spazi aperti. Ogni piano è costituito da uno spazio vuoto di 50x170 metri, pronto a essere attrezzato per qualsiasi tipo di attività.
Per ottenere la massima flessibilità all'interno di questi vasti spazi interni, i servizi e i percorsi sono stati collocati al di fuori dell’edificio: ascensori e scale mobili sono contenuti all'interno della struttura di supporto sulla facciata piazza; scale mobili a zig-zag corrono dentro tubi trasparenti sulla parte anteriore dell'edificio permettendo viste straordinarie su Parigi. Le reti di servizio sono colorate (blu per l'aria, verde per l’acqua, giallo per l'energia elettrica e rosso per i collegamenti verticale) sono posizionati lungo il prospetto su Rue Beaubourg.
Più tardi, Piano contesterà l'utilizzo del termine high-tech in riferimento alla sua architettura, facendo notare come il Beaubourg sia in realtà un'architettura molto legata all'artigianalità, in cui ogni componente è stato disegnato e realizzato su misura. La scelta di quel tipo di struttura non era dettata dall'esigenza di esaltare la tecnologia ma da "..una volontà di ribellione al confinamento della cultura in luoghi specialistici, e un tentativo di farne una fabbrica, un'officina".
Nel 1988 il comune di Genova gli affida l'incarico di ristrutturare il Porto Antico, in vista delle Celebrazioni Colombiane (Expo '92 Genova), festeggiamento dei 500 anni della scoperta dell'America. Il progetto riqualifica l'area dei Magazzini del Cotone e del Millo, a cui si aggiungono nuove costruzioni, come l'Acquario di Genova e il Bigo, l'ascensore panoramico. L'area ha subito un nuovo intervento di riqualificazione nel 2001, sempre a opera di Piano, in occasione del G8.
L'Acquario è una struttura lunga più di 250 metri disposta su quattro piani, due dei quali sono sotto il livello del mare fino ad una profondità di 7 metri.
All'ingresso, nella sala d'accoglienza, si può ammirare la "Vasca del molo antico": lunga 15 metri ed alta 2, è una fedele ricostruzione di una banchina del Porto Antico genovese risalente al XV secolo, dove nuotano le specie più tipiche degli ambienti costieri liguri.
All'interno si evidenziano particolarmente quattro grandi vasche, visibili da entrambi i piani espositivi: quella delle foche, della barriera corallina, quella degli squali e dei delfini.
Quest'ultima è a cielo aperto per permettere agli animali di salire in superficie, respirare e saltare a piacimento. Il corpo originario (39 vasche) prevede un percorso in mezzo a vasche che ospitano pesci e molti rettili, e ricostruiscono gli ambienti naturali originari delle singole specie con evidenti finalità didattiche. In molte di esse il visitatore può immergere le mani e toccare direttamente i pesci. Non vi sono però solo specie marine, ma anche animali di foreste pluviali o di acqua dolce. L'acqua dell'acquario è prelevata al largo della costa ed è stabulata in quattro cisterne situate a lato dei due piani. L'acqua viene depurata e disinfettata, quindi immessa nelle vasche, tutte fornite di impianti di filtrazione meccanici e biologici.
La Biosfera è una struttura sospesa sul mare, realizzata in vetro e acciaio.
Al suo interno è conservato un delicatissimo ecosistema che ospita 150 specie di piante e molte specie animali della foresta pluviale, tra cui anfibi, rettili, insetti, uccelli.
L'emozione che produce l'ingresso nella foresta della Biosfera, sotto la guida di personale esperto, permette di cogliere la straordinaria unicità degli ambienti tropicali e la gravità del loro rapido processo di distruzione.
Nel 1992 gli viene affidato l'incarico di ricostruire l'area di Potsdamer Platz a Berlino.
La piazza, storicamente il centro di Berlino, ha seguito tutte le vicissitudini della città, fino a diventarne un elemento secondario e decadente. Interamente ristrutturata, dopo poco tempo la nuova architettura ha ridato vitalità all’area che riunisce le zone della città a lungo separate dal muro. Questo nuovo centro è definito da due caratteristiche ambientali tipiche della scena urbana di Berlino: lo spazio verde e di acqua.
Nel 1994 vince il concorso internazionale per il nuovo Auditorium Parco della Musica di Roma, che verrà inaugurato nel 2002.
Per garantire la massima flessibilità, e per non sacrificare nulla in termini di resa acustica, Renzo Piano introduce un elemento di novità rispetto al bando di gara: non raggruppare le tre sale previste in un unico edificio, ma farne tre costruzioni indipendenti.
Le tre sale sono disposte simmetricamente intorno a uno spazio vuoto. Nasce così una quarta sala, la Cavea, un anfiteatro all’aperto destinato alle rappresentazioni e ai concerti, dove possono trovare posto circa 3.000 spettatori. Le tre sale sono concepite come veri strumenti musicali. Sono tre grandi «casse armoniche», con capienza e caratteristiche diverse, separate struttural-mente per favorire l’isolamento acustico. Ciascuna di esse è attrezzata per la registrazione musicale.
Nel 2004 porta a compimento la Chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo.
Un progetto imponente frutto della genialità e dell’inventiva di Renzo Piano. Per le sue dimensioni è la seconda chiesa più grande d’Italia, dopo san Pietro a Roma. E’ dotata di ben 7.000 posti a sedere e di un suggestivo sagrato ornato da 12 fontane a velo e 21 alberi di ulivo secolare. Costruita utilizzando la pietra locale di Apricena, è sorretta da 22 archi che creano un curioso gioco visivo di intrecci.
Il 5 luglio 2012 a Londra viene inaugurato The Shard (La Scheggia), di cui Renzo Piano è progettista, che con i suoi 310 metri risulta, al momento, il più alto grattacielo d'Europa e 45esimo al mondo.
Dal 30 agosto 2013 è senatore a vita della Repubblica Italiana, nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Renzo Piano dice di se: “Una volta ho parlato di architettura come arte corsara. Sì, perché l’architettura è anche un’arte di rapina: guardi, cerchi, prendi tutto quello che può aiutarti nel progettare e poi lo mescoli, sapendo però che tutto quanto hai “rubato” e assimilato deve raccogliersi dentro la costruzione di un edificio che funzioni. L’architettura gioca sempre su una linea di frontiera, perché non ha a che fare solo con questioni pratiche come la tecnologia, la costruzione, i materiali: quando costruiamo c’è un momento in cui ci rendiamo conto che l’avere risposto in modo tecnicamente pertinente a un bisogno non è più sufficiente, che dobbiamo far aderire quella risposta anche a un desiderio, a un sogno, a un’immagine, a qualcosa che ti rappresenti. A quel punto, pur nascendo dal costruire, l’architettura si trasforma in qualcosa di straordinario”.
Giuseppe Cassisi.
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