04 Aprile 2012
Pubblichiamo la lezione di Arte della Dott.ssa Lucia Imprescia, tenuta il 22 marzo dal tema: "Gesù nell'arte".
Secondo l’affermazione di Giovanni Paolo II la Chiesa ha bisogno dell’arte per diffondere il messaggio di Cristo, e rendere in qualche modo ciò che è invisibile, visibile, il mondo dello spirito e di Dio, percepibile.
L’immagine di Gesù è tra le figure più diffuse sin dai tempi dell’arte paleocristiana ai giorni nostri.
Ogni epoca, ogni cultura, e quasi ogni artista, utilizzando tecniche e materiali diversi ha rappresentato la figura di Gesù secondo un proprio modo di sentire, di vedere, di percepire il Cristo.
L’artista ha tradotto in immagine le tappe della vita di Gesù secondo le descrizioni tratte dai Vangeli Sinottici: la Natività, la Presentazione di Gesù al Tempio, il patto con Dio con la Circoncisione, la Fuga in Egitto e via via fino a immaginare i fatti dell’adolescenza, ovvero dalla visita al tempio di Gerusalemme, all’età adulta, cioè l’inizio della vita pubblica che lo porterà alla sofferenza della passione e morte.
Citano i Vangeli “ Intanto Gesù cresceva in sapienza, in statura e in grazia di Dio e agli uomini”. Scandagliando le opere degli artisti noi cristiani dove dobbiamo, dunque, riconoscere Cristo? Si chiede il teologo svizzero H. Kung, come possiamo identificare il vero volto di Cristo?
Nel buon pastore senza barba, tipica figura dell’arte catacombale paleocristiana, o nel rabbì attorniato dagli allievi rappresentato come un personaggio nobile dell’arte romana che indossa una toga con in mano il rotolo della Legge?
O ancora riconosciamo Cristo nella figura di un Re Onnipotente vestito come un imperatore con le vesti e le insegne regali seduto in trono, uno schema artistico che fu utilizzato dai tempi di Costantino fino alla fine del medioevo; o più semplicemente riconosciamo un Gesù dai tratti umani sofferente dove ci appare morto e incoronato di spine?
La mancanza di un ritratto storicamente autentico di Gesù non permette agli artisti di rispondere su quale sia il vero volto del Cristo.
Essi hanno sempre cercato di rappresentare con la loro immaginazione i momenti salienti della vita del Redentore creando un patrimonio di immagini artistiche dove Gesù è ritratto ora bambino, ora Agnello di Dio, ora Figlio dell’Uomo, ora Pantocratore.
Ma le molteplicità delle immagini di Cristo in realtà devono essere letti come dei tentativi, da parte degli artisti, di comprendere la ricchezza e la potenza della figura del Cristo. L’artista crea un’immagine speculare ovvero in Cristo rivede se stesso e nei vari volti egli disegna il proprio volto.
“Così un’immagine di Cristo è leggibile anche come immagine dell’uomo: mentre si afferma o si nega qualcosa su Cristo, si afferma o si nega qualcosa che riguarda l’uomo”. Intorno al 1900 Georges Rouault dipinse Cristo con il volto di un clown come metafora della condizione umana che nel suo essere artista significava una sentita incomprensione diffusa nei suoi confronti.
Questa immagine potrà sembrare una bestemmia, è invece un’invocazione, un atto di fede, un desiderio di andare oltre le apparenze. Il Cristo Giallo di Paul Gauguin del 1889 dimostra ancora una volta come l’artista rappresenta il suo disagio di vivere, ritenendosi fuori dalla società e il tema dell’indifferenza e della incapacità di comprendere diventa specchio nel volto di Cristo sofferente.
Tanti altri artisti del XX secolo quali Matisse, Chagall, Picasso hanno rappresentato Cristo secondo le loro atmosfere, ma essi restano incompresi dalle comunità cristiane ancorati ai modelli classici della pittura.
Esse per la maggior parte non sono attente all’evoluzione del linguaggio artistico-religioso e ciò per certi aspetti giustifica la mancanza di opere di artisti contemporanei all’interno delle chiese di oggi.
Lucia Imprescia