28 Aprile 2012
La ricerca astronomica odierna punta sempre di più verso una direzione ben precisa: capire se esistono nell'universo forme di vita oltre quella presente sul nostro pianeta.
Per arrivare un giorno a rispondere a questa domanda, dobbiamo passare attraverso delle tappe obbligate e la più importante è certamente quella di scoprire l'esistenza di pianeti che orbitano intorno ad altre stelle: i cosiddetti pianeti extrasolari.
La scoperta di sistemi planetari orbitanti attorno ad altre stelle risale al 1995 quando due astronomi svizzeri, Michel Mayor e Didier Queloz, scoprirono per primi l'esistenza di un pianeta attorno alla stella 51Pegasi. A partire da questa data fondamentale, le scoperte di nuovi sistemi planetari si sono succedute a ritmi sempre più serrati e sono circa un migliaio i sistemi planetari oggi conosciuti.
Come detto in precedenza, il fine ultimo di questo filone di ricerca è trovare pianeti con attività di tipo biologica.
Per questo motivo gli astronomi stanno affinando le tecniche di osservazione per cercare di individuare pianeti di tipo terrestre che orbitano all'interno della fascia di abitabilità: cioè della zona di spazio circostante la stella dove si crea il giusto equilibrio di temperatura in grado di formare e mantenere acqua allo stato liquido.
Importante è il caso del pianeta recentemente scoperto e denominato Kepler 22b, che ha una massa di circa il doppio di quella terrestre e orbita proprio nella fascia di abitabilità di una stella praticamente gemella del nostro Sole.
I metodi utilizzati dagli astronomi per questa tipologia di ricerche sono essenzialmente metodi indiretti, cioè non vediamo direttamente i pianeti, troppo vicini alle loro stelle, ma gli effetti che questi inducono.
Osserviamo quindi degli effetti dinamici, variazione della velocità radiale, e degli effetti fotometrici, variazione della luminosità della stella o per un transito planetario o per un effetto di microlente gravitazionale.
Solo recentemente si sono potuti osservare, in circa 14 casi estremamente favorevoli, direttamente dei pianeti attorno ad altre stelle.
In chiusura le prospettive future prevedono che nei prossimi decenni si possano realizzare strumenti sempre più sofisticati, sia che lavorino a terra che dallo spazio, che ci permettano di osservare direttamente i pianeti e di studiarne le loro atmosfere, per trovare tracce di molecole importanti per lo sviluppo della vita, quale ad esempio O3.
Dott. Giovanni Catanzaro
CURRICULUM VITAE DI GIOVANNI CATANZARO
Posizione Professionale
Ricercatore astronomo dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) presso l’Osservatorio Astrofisico di Catania.
Istruzione
• 3 Aprile 1995: Laurea in Fisica ad indirizzo Astrofisica presso l’Università degli Studi di Catania.
• 12 febbraio 1999: Dottorato di Ricerca in Fisica presso l’Università degli Studi di Messina.
Esperienze professionali
• 1999: contratto di ricerca presso l’Osservatorio Astrofisico di Catania.
• 2000/2001: ricercatore presso la Johns Hopkins University di Baltimora negli Stati Uniti d’America, dove si occupa di studiare stelle calde grazie ai dati provenienti dal telescopio spaziale FUSE.
• 2001: vince il concorso per ricercatore astronomo presso l’Osservatorio Astrofisico di Catania dove, a tutt'oggi, conduce ricerche riguardanti oggetti stellari di varia natura.
• 2002: torna per un breve periodo a condurre ricerche nel campo delle stelle calde presso la Johns Hopkins University di Baltimora negli Stati Uniti d’America.
• 2002: si reca a La Silla (Cile), sede di uno dei più grossi osservatori astronomici da terra, per condurre osservazioni sulla composizione chimica di oggetti stellari di particolare interesse astrofisico
• Dal 2002 ad oggi: svolge un’intensa attività di studio su oggetti stellari di varia natura, dalle stelle chimicamente peculiari alle stelle pulsanti. Per questo scopo utilizza, recandosi in loco, varie strutture di ricerca, quali: il "Telescopio Nazionale Galileo" installato presso l'isola di La Palma (Canarie), i telescopi dell'ESO (Cile), si sposta in varie università e centri di ricerca europei, ultima della serie l'Università di Aarhus (Danimarca) dove collabora con il gruppo europeo che gestisce i dati provenienti dal telescopio spaziale KEPLER.
Commenti
Forme viventi biologiche possono essere possibili su altri pianeti con caratteristiche di tipo terrestre.
Ma l'uomo terrestre nato dall'evoluzione,dal caos,dal caso,dal miracolo....si può ripetere su altri pianeti?Credo di no.Scusa la mia ignoranza.
Io credo che i processi che portano alla formazione della vita siano universali e non relegati al nostro pianeta.
Qualunque origine, divina o meno, dell'universo ha avuto come scopo finale la VITA e la creazione di esseri senzienti.
Franco