12 Maggio 2024
Pubblichiamo la sintesi dell’incontro di Medicina dal titolo "Medicina di Genere” tenuto giovedì 9 maggio 2024 dal dr. Filippo La Rosa.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce Medicina di Genere lo studio dell'influenza delle differenze biologiche, indicate col termine sesso, e socio-culturali ed economiche, definite come genere sulla frequenza, i disturbi e la gravità delle malattie che colpiscono uomini e donne e, in generale, sullo stato di salute e di malattia di ogni persona; infatti con il termine "sesso" si intende l'insieme delle caratteristiche biologiche con le quali una persona nasce, ad esempio i cromosomi, le gonadi, i genitali esterni, gli ormoni sessuali (una persona può nascere con caratteristiche sessuali maschili, femminili o più raramente intersessuali), invece con il termine "genere" invece si intende l'insieme delle caratteristiche socio-economiche e culturali che definiscono e attribuiscono il genere femminile e maschile.
Storicamente la medicina ha sempre messo l'uomo al centro degli studi, limitando la salute femminile ai soli aspetti relativi alla riproduzione. Solo recentemente è diventato chiaro come lo sviluppo della medicina, avvenuto attraverso studi condotti quasi solo su uomini, si fosse basato sull'idea di proteggere la donna e sull'errato pregiudizio scientifico che fosse diversa dall'uomo solo per le dimensioni. L'applicazione della medicina di genere è recentissima: nel 1991, per prima, la cardiologa americana Bernardine Healy, direttore del National Institute of Health (NIH), pubblicò un articolo sull'importante rivista scientifica New England Journal of Medicine, intitolato "The Yentl syndrome". L'articolo metteva in evidenza le differenze nella cura di uomini e donne con la stessa malattia cardiaca. Infatti, l'errata convinzione che fosse una malattia tipicamente maschile portava a ritardi negli accertamenti (diagnosi) e nella cura nelle donne e, quindi, a terapie inappropriate e discriminatorie. Da quel momento a livello mondiale è cominciata una graduale, seppure lenta, crescita di questo nuovo approccio alla medicina. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), insieme ad altri organismi internazionali, ha riconosciuto il genere come uno dei fattori fondamentali nel determinare la salute o la malattia.
Negli stessi anni in Italia si è cominciato a porre l'attenzione sulla medicina di genere per l'interessamento dei Ministeri delle Pari opportunità e della Salute con il contributo dell'AIFA, dell'AGENAS e dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Nel 2011 l'Istituto Superiore di Sanità ha costituito un gruppo di lavoro all'interno del Dipartimento del Farmaco e successivamente, nel 2017, ha istituito il "Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere", primo in Europa in questo ambito. In Italia è stata inoltre costituita una rete di attiva collaborazione per il sostegno della Medicina di Genere che comprende, oltre all'ISS, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere e il Gruppo Italiano su Salute e Genere (GISeG), alcune Università, numerose Federazioni mediche, Società e Associazioni scientifiche, nonché alcune Regioni che hanno inserito il concetto di genere nei Piani Socio Sanitari Regionali. All'inizio del 2018 l'approvazione della Legge n. 3, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 15 febbraio 2018, ha inserito definitivamente il concetto di genere nel Servizio Sanitario Nazionale, con l'articolo 1 "Normativa in materia di sperimentazione clinica" e l'articolo 3 "Applicazione e diffusione della medicina di genere".
La medicina di genere tiene anche conto degli effetti sulla salute degli stili di vita (fumo, alcol, alimentazione, attività fisica, peso corporeo, contesto socio-culturale e ambientale) poiché anche questi fattori hanno un forte impatto sullo sviluppo e l'evoluzione delle malattie.
La conoscenza delle differenze, infatti, è fondamentale per una corretta prevenzione, un migliore accertamento (diagnosi) della malattia e per l'identificazione della terapia più appropriata per ciascuno. Differenze nell'insorgenza o nella progressione di molte malattie sono determinate dalla presenza dei cromosomi cosiddetti sesso-specifici: XX e XY. Le femmine possiedono due copie del cromosoma X, che è presente, invece, in una sola copia nei maschi. Sebbene esista un complesso meccanismo di regolazione che, attraverso l'inattivazione di uno dei due cromosomi X, evita la presenza di quantità doppie dei geni localizzati su questo cromosoma, il modo casuale con cui si svolge l'inattivazione ha una funzione protettiva. Questo meccanismo produce infatti un individuo mosaico (se chiamiamo i due cromosomi X, Xa e Xb, in alcune cellule rimarrà attivo il cromosoma Xa, in altre Xb) e se dovesse verificarsi una mutazione sul cromosoma Xa (ad esempio, Xa-mut) riguarderà, nella donna, solo le cellule in cui è rimasto attivo tale cromosoma mentre le cellule portatrici del cromosoma Xb saranno sane. Negli uomini, invece, essendo presente un solo cromosoma X, tutte le cellule conterranno la mutazione. Sebbene differenze tra maschi e femmine siano presenti già in età pediatrica quando gli ormoni ancora non svolgono le loro funzioni, un ruolo importante nel determinare le differenze di genere viene svolto dagli ormoni sessuali, principalmente estrogeni e progesterone nella donna e androgeni nell'uomo. Questi ormoni, oltre a controllare lo sviluppo delle caratteristiche secondarie femminili e maschili, svolgono numerose altre importanti funzioni, inclusi importanti effetti sulle risposte del sistema immunitario, in generale più efficaci nella donna.
Alcuni esempi di malattie per le quali sono già state messe in evidenza differenze di genere possono chiarire il concetto. Infatti, le statistiche mettono in evidenza forti differenze tra uomini e donne per i principali gruppi di malattie quali, ad esempio, le malattie cardiovascolari e il cancro. In Italia per le malattie del sistema cardiocircolatorio muoiono più le donne degli uomini (48% vs 38%). Fino a non molto tempo fa l'importanza delle malattie cardiovascolari nelle donne è stata poco considerata. Eppure, tranne il periodo della vita in cui la donna è fertile, che vede gli uomini di pari età ad essere più colpiti, la frequenza di queste malattie va successivamente aumentando nelle donne fino a superare l'uomo dopo i 75 anni. In parte ciò si verifica perché viene a mancare la protezione degli ormoni femminili. Nei tumori, invece, si verifica il contrario. In media, infatti, nel corso della vita un uomo su 2 e una donna su 3 avranno la probabilità di ammalarsi di tumore e un uomo su 3 e una donna su 6 di morire a causa di un tumore. In generale, con l'eccezione del carcinoma della tiroide, incidenza e mortalità sono inferiori nelle donne. Un esempio evidente è rappresentato dal cancro del colon-retto più frequente negli uomini, almeno rispetto alle donne in età fertile, ad indicare che gli ormoni femminili (estrogeni) costituiscono un fattore protettivo. Anche la localizzazione può essere diversa, con le donne più soggette a sviluppare un tumore nel lato destro ascendente del colon, e gli uomini nel lato sinistro discendente. La diversa posizione fa sì che la ricerca del sangue occulto nelle feci possa rappresentare una migliore prevenzione nell'uomo che nella donna. Inoltre, a seconda del sito di sviluppo, il tumore è associato a caratteristiche molecolari differenti che ne determinano l'aggressività. Infine differenze legate agli stili di vita, in particolare alla dieta e all'esercizio fisico, possono avere un peso notevole. Di contro ci sono alcune malattie considerate tipicamente femminili che, spesso, non sono considerate negli uomini. Un esempio è l'osteoporosi, che colpisce prevalentemente le donne, ma è una minaccia anche per gli uomini anziani che, in seguito a fratture importanti, quali quelle dell'anca e del femore, hanno conseguenze più gravi e una mortalità più alta.
Allo stesso modo la depressione sembra essere meno frequente negli uomini probabilmente perché non si considera che essi tendono a ritardare il ricorso all'assistenza sanitaria. Inoltre, poiché gli studi sono stati condotti prevalentemente sulla popolazione femminile, l'accertamento della malattia psichiatrica negli uomini è più complessa perché non presentano i disturbi (sintomi) indicati dalle linee guida attuali. È noto che le donne sviluppano risposte del sistema immunitario più intense rispetto agli uomini e che questa maggiore efficacia è favorevole nella risposta alle infezioni, ma rende le donne più soggette alle malattie reumatiche in generale, e autoimmuni in particolare (ad esempio, il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide, la sindrome di Sjogren, le malattie autoimmuni della tiroide e la sclerodermia, che presentano una frequenza 7-10 volte più elevata nelle donne rispetto agli uomini).
La prima descrizione di una differenza di genere in campo farmacologico risale al 1932, quando Nicholas e Barrow evidenziarono che la dose ipnoinducente di barbiturici, nelle ratte femmine, era inferiore del 50% rispetto a quella dei maschi. Questa importante osservazione non ha suscitato l'attenzione che meritava, e per molti anni si è assistito alla rimozione della variabile sesso/genere in campo preclinico e clinico. Ciò ha prodotto una terapia farmacologica basata principalmente sul corpo maschile. E questo è paradossale, in quanto i farmaci risultano meno studiati nel genere che più li usa: le donne. Inoltre, le reazioni avverse sono più frequenti e più gravi nel sesso femminile
La comprensione delle differenze di sesso e di genere fornisce ai medici strumenti per adottare misure preventive, approcci diagnostici e piani terapeutici che soddisfino al meglio le specifiche esigenze di salute degli individui e si può affermare che mettere in atto da parte dei medici la Medicina di Genere è un vero atto d'amore nei confronti dei pazienti attraverso la chiara dimostrazione di avere interesse ad effettuare il migliore approccio diagnostico terapeutico tenendo in massima considerazione le differenze individuali.
Dr. Filippo La Rosa
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