17 Gennaio 2013
Pubblichiamo una sintesi della lezione svolta lunedì 7 gennaio 2012, dalla Dott.ssa Letizia Ferrante, dal tema “Stress e Salute”.
La Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia è la disciplina che studia scientificamente le relazioni tra tutti i sistemi dell’organismo, fornendo la base per prospettare nuovi approcci integrati alla prevenzione e alla terapia delle più comuni malattie e andando oltre la storica contrapposizione corpo-mente.
Poiché la risposta ad uno stimolo che procura stress, chiama in causa e coinvolge tutto il sistema di regolazione psico-fisiologica dell’essere umano, la PNEI ci consente una lettura integrale dell’organismo sotto stress, apprezzando le specificità psicologiche e/o fisiche con cui si manifesta, senza perdere di vista l’intero. (Lazzari,..)
Hans Selye e le prime ricerche sullo stress
Non si può affrontare il problema dello stress senza parlare di Hans Selye, ricercatore che per primo studiò e approfondì questo problema e ne pubblicò i risultati, nel 1956, con il libro “Lo stress della vita”. Per capire come gli organismi viventi reagiscono allo stress Selye fece i suoi studi su animali da laboratorio.
Le cavie usate vennero sottoposte per lunghi periodi a stress d’ogni tipo, ma diedero risposte uguali, indipendentemente cioè dallo specifico tipo di stress cui erano sottoposti. Si evidenziarono: ispessimento della corteccia delle ghiandole surrenali, diminuzione del timo, della milza, dei linfonodi e di altre strutture linfatiche produttrici di anticorpi; formazioni di ulcere emorragiche nelle pareti dello stomaco.
La mancanza di una reazione specifica a ogni tipo di stress indusse Selye a definire lo stress come “una sindrome generale di adattamento” (General Adaptation Syndrome, GAS) consistente in una reazione aspecifica dell’organismo a qualunque cambiamento positivo o negativo, interno o esterno, rispetto all’organismo stesso. Selye aveva chiarito come ci fossero tre stadi di adattamento:
Modificazioni fisiologiche provocate dallo stress
Dal punto di vista biologico, lo stress implica un intervento dell’ipotalamo, dell’ipofisi e del sistema simpatico con la liberazione nel sangue dei corticosteroidi e delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina). Nella prima fase questa serie di modificazioni ci rende pronti “alla lotta o alla fuga” ma se lo stress continua ci provoca danni e ci rende meno adatti ad affrontare i problemi reali.
Non appena prendiamo conoscenza di un pericolo attraverso il cervello e gli organi periferici di senso (vista, udito, olfatto, tatto), nel nostro organismo viene avviata un’infinita serie di reazioni nervose, biochimiche, ormonali e organiche, che ci preparano alla difesa.
E’ interessante notare che il pericolo può essere reale o immaginario, quel che conta è che l’organismo viva una minaccia alla propria incolumità e si prepari a reagire con un automatismo della nostra specie: la lotta o la fuga. In quel momento tutto l’organismo è investito nella sua globalità (mente-corpo) da più di 1500 cambiamenti fisiologici.
In pochi secondi tutto il corpo è mobilitato, teso, pronto ad agire. Nel momento in cui è scattato il meccanismo d’allarme in risposta all’evento stressante, nel nostro corpo avvengono cambiamenti significativi a carico dei nostri organi interni: alcuni vengono messi a riposo (pancreas, intestino, stomaco, pelle) mentre altri più direttamente interessati alla lotta o alla fuga vengono attivati prepotentemente (cuore, cervello, muscoli).
Lo stress è vita …
Lo stress quindi è una reazione fisiologica di adattamento dell’individuo, finalizzata a mantenere o ristabilire l’equilibrio omeostatico dell’organismo (eustress). Il problema sorge nel momento in cui lo stress non è più acuto, ma seppur di lieve intensità, si presenta ripetutamente nel tempo, oppure l’individuo si trova nell’impossibilità di reagire, di dare una risposta comportamentale per limitazioni contingenti (distress).
Si crea allora una condizione di sovraccarico permanente alla quale l’organismo risponde con difficoltà, fino all’esaurimento di tutte le sue risorse.
Tutti siamo stressati ma ognuno si stressa a modo suo!
Esiste una variabilità individuale nella risposta dell’organismo allo stress. Lazarus e Folkman (1984) definiscono lo stress come la condizione derivante dall’interazione di variabili ambientali e individuali, che vengono mediate da variabili di tipo cognitivo.
Quindi lo stress viene concettualizzato come qualcosa di dinamico, a carattere relazionale e compare per la prima volta il concetto di stress psicologico. Con tale concetto si sottolinea la componente soggettiva dell’evento stressante, ovvero che l’elemento fondamentale che determina l’entità della reazione emozionale-fisiologica è la valutazione cognitiva che l’individuo compie del suddetto evento stressante.
In altre parole, nessun evento esistenziale significativo può essere considerato aprioristicamente patogenetico e, allo stesso tempo, ogni evento suscettibile di produrre una reazione emozionale potrebbe essere definito come avvenimento stressante (Pancheri, 1993).
Quindi gli eventi sono stressanti nella misura in cui sono percepiti come stressanti, per cui uno stimolo produrrà o meno una reazione di stress a seconda di come viene interpretato e valutato (Lazarus, 1998).
Tuttavia lo stress non è un’esperienza esclusivamente soggettiva, ma la sua entità è definita anche dalle caratteristiche oggettive dello stimolo. Lo stress di un evento è determinato, oltre che dalla valutazione cognitiva dello stimolo compiuta dall’individuo, anche dalle caratteristiche oggettive dello stimolo, ovvero dalla qualità dell’evento (come l’impatto emozionale che produce nel soggetto) e dalla sua quantità (come, per esempio, la durata temporale e la “vicinanza” con altri eventi che costituiscono una potenziale minaccia per l’equilibrio psico-fisico dell’individuo).
Perché le zebre non hanno l’ulcera?
Se la vita umana è così profondamente legata allo stress, provocatoriamente si potrebbe invece dire che quella delle zebre non lo è altrettanto, tanto che le zebre non hanno l’ulcera! E’ Sapolsky che in un divertente ma intelligente libro si interroga appunto sul perché le zebre non abbiano tale patologia, arrivando ad esprime una verità assai profonda: per “ammalarsi” di stress bisogna pensarci.
Le zebre non sanno nulla di biologia: non si controllano la pressione arteriosa, non sanno cosa siano le extrasistole, non fanno diete, non temono di invecchiare, ignorano le ulcere gastriche e duodenali… Le zebre vivono tra i predatori, sfuggono loro e poi si calmano; gli uomini invece sono carichi di pensieri, di problemi, di desideri, di ansie, di fantasie, di emozioni, di aspettative.
Stress e malattia, un rapporto circolare
Gli stress cronici o ripetuti possono potenzialmente farci ammalare o aumentare il nostro rischio di contrarre una malattia o aumenta il rischio che questa annienti le difese del corpo. Nel tentativo di dare una risposta alle richieste dell’organismo per rispondere allo stress, diminuisce l’efficacia e l’efficienza dei processi interni e del comportamento.
Il sistema cerca di adattarsi: di fronte ai segnali dello stress si moltiplicano gli sforzi per essere efficienti, ma quando mancano le risorse il prezzo dell’adattamento diventa la nostra salute.
Alcuni segni o sintomi dello stress possono essere di tipo cognitivo (diminuizione della capacità di concentrazione, comprensione e memoria), comportamentale (irritabilità, aggressività), emozionale (paura, ansia, depressione), fisiologico (incremento della pressione arteriosa, frequenza cardiaca, ventilazione, sintomi somatici, depressione risposta immunitaria.
Quando il sistema non riesce più a compensare, arriva la rottura: non siamo più di fronte allo stress ma di fronte alla malattia.
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato il collegamento tra lo stress e alcune patologie. E’ molto importante ricordare che non è mai solo lo stress, per quanto acuto o ripetuto, a farci ammalare. Lo stress aumenta il rischio di contrarre una malattia, o, nel caso che la si abbia già, che questa annienti le difese del corpo.
La zona d’ombra dello stress
Lo stress costituisce la chiave d’interpretazione per la grande quantità di disturbi non inquadrabili in una vera patologia, che i pazienti lamentano quotidianamente negli ambulatori medici.
Questi disturbi costituiscono “la zona d’ombra tra salute e malattia” (Lazzari, 2007), in cui il sistema non è né sano né malato, ma non riesce più a mettere in atto adeguati e sufficienti meccanismi di compensazione allo squilibrio psicofisico causato da una prolungata esposizione ad uno stress disfunzionale. L’esposizione prolungata porta alla rottura del sistema e quindi alla malattia.
Chiarire il concetto di progressione tra stress e malattia e comprendere le dinamiche che a lungo andare portano alla malattia, ci consente di intervenire nel processo ed essere in grado di attuare efficaci strategie di prevenzione sanitaria di tipo primario.
Svelare i segnali dello stress, leggere le sue manifestazioni può insegnarci a evitarlo e a trasformarlo, da nemico, in alleato per la nostra salute.