cannava_4tavrot_2016Pubblichiamo una sintesi delle due lezioni, tenute giovedì 9 novembre e giovedì 16 novembre 2017, dal tema “Conflitti: Gestione, Stress e Leadership” dal Dott. Salvo Cannavà.

 

 

Analisi delle opportunità

Solitamente, la Psicologia viene chiamato in causa al momento del grave bisogno; e viene così sottovalutata l’enorme importanza della sua conoscenza, per diffidenza, pudore o semplice ignoranza preconcetta. Importante, invece, sarebbe poter esaminare le motivazioni, la gestione degli inevitabili conflitti interpersonali. E il concetto, spesso troppo “astratto”, di Stress e Leadership.

E’ quanto ci prefiggiamo in questo incontro, anche se in maniera informale e necessariamente non esaustiva.

Perché queste note di Psicologia alla nostra età?

Molti di noi credono, erroneamente, di aver maturato una tale esperienza di vita da poter fare a meno di tutte queste “fesserie” della Psicologia.

E’ vero, esattamente, il contrario!!!

Alla nostra età, infatti, cresce la sensibilità soggettiva e, di conseguenza, la potenziale vulnerabilità; di fronte agli eventi della quotidianità e, ancor più, di quelli straordinari. Sono, notoriamente, più frequenti i dolori, fisici e mentali, rispetto alle gioie, fisiche e mentali.

E’ come se tra le nostre rughe, del corpo e dell’anima, si annidassero crucci e tormenti che, nell’età verde della vita, sarebbero scivolati via senza alcuna conseguenza.

Spesso, invece di essere più distaccati e/o indifferenti agli episodi della vita, diventiamo più ostili, permalosi, insofferenti….. vulnerabili…….. conflittuali…..

Si riduce la nostra capacità di ascolto, mentre aumenta il bisogno di parlare, parlare, parlare……..

Tutto ciò, anche come fisiologica risposta alla solitudine in cui vivono molti …..”diversamente giovani”.

E non mi riferisco solo alla solitudine di chi non ha un partner al suo fianco. Ma a quella, ancor più brutta e frustrante di chi, pur in presenza di familiari, vive una amara emarginazione e la sofferenza di sentirsi di peso, inutile.

In queste condizioni, l’insorgere di conflitti è frequente! Ma, il conflitto in se, non fa paura. Sono le conseguenze psicologiche che ne conseguono a diventare nefaste. Infatti, si possono manifestare sintomi di tipo psicosomatico: ansia, nervosismo, fobie, manie, dolori articolari, fenomeni enterogastrici, tachicardia, dispnea, cali della vista e dell’udito, incapacità di metabolizzare la malattia od il lutto, ecc. ecc. Con una pesante ricaduta sul sociale e sul relazionale.

Ecco, allora, la funzione psicosociale, quale palestra anticonflittuale, dell’Unitre. Stare insieme, fare o rinnovare amicizie, costringersi a sentirsi vivi, a non lasciarsi andare. Oserei definirla, quasi, una “Psicoterapia di Gruppo”.

Anche il gruppo, o la singola amica od amico, operano in situazioni critiche fortemente stressanti, che mettono a repentaglio le routine quotidiane e le ordinarie capacità degli individui di fronteggiare gli eventi difficili della vita. Operano, con la loro sensibile ed empatica presenza, prima, durante e dopo una situazione critica fornendo al Socio Unitrino gli strumenti necessari che lo orientano nelle difficoltà che può incontrare, o che ha già incontrate. Riducendo, così, il rischio di conflitti, ad esempio, da sensazione di abbandono e di burn – out.

Il conflitto, familiare, lavorativo o socio relazionale, può rivelarsi una “ferita dell’anima”, una “crepa”; qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive. Specie ad una certa età, l’esposizione a un evento che minaccia la vita o l’incolumità propria e/o altrui, induce emozioni di paura, collera e dolore accompagnate da un sentimento di impotenza e supera le capacità dell’individuo di padroneggiarlo.

Un evento shoccante, una perdita affettiva, un conflitto, magari nato da una cattiva comunicazione, da un cattivo rapporto di leadership, può causare, tra l’altro:

  • disorganizzazione mentale,
  • confusione,
  • perdita di concentrazione,
  • reazione da stress (tremori, freddo, pianto, nausea),
  • negazione o dissociazione (incredulità, non si ricorda, non si capisce il significato),
  • arousal emotivo (rabbia, tristezza, paura, eccitazione per essere sopravvissuto).
       Affogò perché si vergognava a gridare “aiuto” (Marcello Marchesi)
                    Cannava_Conflitto_Leadership_6

Quante volte ci vergogniamo a chiedere aiuto? Quante volte creiamo od esasperiamo il conflitto per orgoglio, caparbietà o bieca ignoranza…..

Cediamo un poco del nostro egoismo e proviamo ad ascoltare, ascoltare e ancora ascoltare. Con empatia, con partecipazione ….. Non in maniera asfittica ed inanimata, come può fare un registratore…..

Pensa, prova emozioni ed esprimile, reagisci in modo cognitivo e comportamentale, senza pudore, senza remore. Apriti al tuo interlocutore. Dialoga con lei/lui e non farne un antagonista.

Spero che queste e le prossime minipillole di psicologia giustifichino la vostra attenzione e vi facciano riflettere sul come evitare, in futuro, il conflitto e le sue potenziali conseguenze.

Troppo spesso ci fermiamo alla superficie…… ma il pericolo maggiore può essere sott'acqua…..come ci insegnano gli iceberg.

Qualcuno conosce la storia del Titanic…….?

Come si evita il “pericoloso” conflitto?

Il Self Talking

Tra gli interlocutori è fondamentale instaurare un clima di empatia, singolarmente, parlando a se stessi e, successivamente, in gruppo.

2 Fimmini e ‘na papera ficiru ‘na fera”

Prima regola per prevenire l’instaurarsi di un conflitto: il rispetto dell’interlocutore. Non costruiamo “castelli in aria” su parole o frasi riportate. Affrontiamo, civilmente, apertamente e frontalmente il nostro interlocutore. …….. Spesso, le grandi mongolfiere si rivelano banali bolle di sapone ….. A volte, frutto più o meno consapevole, di flatulenze da cattiva digestione…….

Per prevenire un conflitto, poniamoci alcune delle seguenti domande:

  1. Quali sono i tuoi punti di forza dell’argomento di dialogo che hai scelto?
  2. Quali sono gli stimoli che Ti faranno andare avanti?
  3. C'è qualcosa che accomuna i tuoi punti di forza?
  4. Quali sono i tuoi punti di debolezza sull’argomento?
  5. Perchè pensi di avere ragione solo tu?
  6. C'è qualche dubbio in te?

Prevedere il conflitto

Il conflitto

Quando una persona o l'azione che essa compie, previene, ostacola o interferisce con il nostro scopo o le nostre azioni, è probabile che nasca un conflitto. Nel ruolo generico o di leader, come nel gestire i rapporti di gruppo o quelli coi congiunti o gli amici, ecc. che si svolge in un ambiente che può divenire, a ragione o a torto, competitivo e coinvolge i rapporti con gli altri, i conflitti possono essere frequenti e inevitabili.

Per questo, è vitale imparare a risolverli. Quando evitate i conflitti e i confronti o soffocate le discussioni, allora avete problemi di relazione.

E' importante, invece, raggiungere ugualmente la meta minacciata o messa in discussione dalla persona con cui avete il conflitto e mantenere un buon rapporto con quella persona.

Tra le seguenti 5 varietà di conflitti, cercate di riconoscere il vostro approccio, che normalmente adottate.

  1. IL LASCIOPERDERE: Quando è imminente un conflitto, egli si chiude nel guscio. Sacrifica immediatamente la sua meta e il rapporto con l'altra persona. Teme il confronto o crede che esso sia inutile nel risolvere il problema.
  2. IL PREVARICATORE: Egli cerca di imporre all'avversario la sua soluzione al conflitto. Si concentra più sul raggiungimento del suo scopo che sull'interesse a mantenere il rapporto. Considera il conflitto un gioco: uno vince, l'altro perde; e quindi tende a vincere attaccando, opprimendo e facendo intimidazioni all'altro, se è necessario.
  3. L'AMICHEVOLE: Il rapporto per lui è la cosa più importante, perciò tende ad abbandonare la sua meta quando incorre in un conflitto. E' convinto che ogni conflitto sia lesivo per i rapporti e, a causa del suo enorme bisogno di essere accettato ed amato, evita di mettere a repentaglio il rapporto, sacrificando la sua meta.
  4. L'ACCOMODANTE: Egli si interessa a raggiungere tutte e due le mete, almeno in parte. Preferisce scendere a compromessi, se è possibile, in modo che ognuna delle parti conquisti qualcosa. Il suo atteggiamento è: “abbandona tu una parte della tua meta ed io abbandonerò una parte della mia.“
  5. IL GIUSTO: Anche lui vuole raggiungere tutte e due le mete, ma non solo in parte. Valuta attentamente il suo scopo, quello dell'altro, il loro rapporto. Egli è soddisfatto solo quando riesce a raggiungere sia la sua meta che quella dell'altro e quando il rapporto esce rinforzato dal conflitto.

Come confrontarsi

Pensate a tutte le conseguenze. Capite, chiedetevi se state capendo a fondo l'altra persona. Siate sicuri di trattare la cosa col dovuto distacco obiettivo, attraverso una corretta analisi dei fatti, avulsi da simpatie od antipatie personali.

Dimostrate attenzione: essere antagonistici, aggressivi e dominatori causa solo risentimento verso di voi. Procedete per gradi, se voi sopraffate l'ascoltatore si sentirà aggredito ed aumenterà le sue difese.

Soluzioni da adottare nel caso di una comunicazione difficile.

  • Metacomunicazione. Osservate i vostri interlocutori mentre parlano con voi, cercate di cogliere eventuali elementi di imbarazzo, timidezza, ostilità attraverso le loro posture, i loro sguardi, le loro mezze parole. Chiedetevi per quale motivo reagiscono così, cercate di scoprire se le ragioni di tale comportamento sono riconducibili alla vostra persona, oppure se si tratta di loro problemi personali.
  • Gioco. Ricordate sempre di inserire degli elementi di puro gioco e divertimento nelle vostre comunicazioni, soprattutto quando avete a che fare con persone molto più giovani: il loro senso di responsabilità non diminuirà per questo e si assottiglia il rischio di fuga.
  • Humour. Siate sempre disponibili ad una battuta di spirito: essa allenta la tensione dovuta a qualche situazione particolarmente delicata ed innalza il tono dell’umore generale
  • Creatività. Ogni tanto inserite un elemento di novità nel vostro programma sociale, i vostri interlocutori riceveranno nuovi stimoli e questo aumenterà l’attenzione
  • Cambiamento. Quando vi accorgete che, nonostante tutti i vostri sforzi non riuscite a sbloccare una situazione con un interlocutore, provate a ribaltare completamente il vostro piano d’azione e a mettere in atto una diversa strategia comunicativa.
  • Consulenza. Purtroppo non tutte le situazioni sono risolvibili con i propri mezzi: a volte esistono delle incompatibilità di carattere insormontabili tra due interlocutori. In questo caso, dopo aver tentato di percorrere ogni strada, considerate la possibilità di rivolgervi ad un esperto di relazioni interpersonali.
  • Atteggiamento positivo e aperto. Mantenete il più possibile un atteggiamento positivo ed aperto nei confronti dei vostri simili, siate sempre disponibili ad ascoltare e a favorire uno scambio comunicativo, anche se il tempo è poco: una chiacchierata, molte volte, distende e libera anche gli animi più irrequieti e vi farà risparmiare fatica e fiato.

The Leadership

Cos’è la Leadership? E chi il Leader?

Essa assume significati diversi a seconda del contesto in cui questo termine è utilizzato.

Se, ad esempio, parliamo di Leadership in una libera Associazione di ”persone di buona volontà” (es. Unitre), facciamo riferimento all’onere che alcuni Soci si assumono per organizzare “democraticamente”, in maniera “piramidale”, la vita e la conduzione del sodalizio di appartenenza.

Nell’ambito associativo o familiare, in particolare, essere “primo tra i pari” può divenire difficile, scoraggiante, stressante. Il Leader, infatti, non “comanda” nulla, autocraticamente. Propone le linee guida al Direttivo, o alla famiglia, e si adopera per farle rispettare una volta approvate. Se è diventato Dirigente avrà avuto capacità ed il consenso della maggioranza dei suoi Soci, lasciamolo lavorare.

La critica costruttiva è pane quotidiano del Leader. L’attacco fine a se stesso: veleno.

E’ sempre da biasimare chi ha bisogno di mostrine e patacche per sentirsi qualcuno.

Di contro: Leader potrebbe essere chi sa essere propositivo, anche in famiglia; chi sa guidare senza opprimere; chi sa valutare e riconoscere i meriti altrui; chi sa lavorare nell’ombra per il bene di tutti; chi antepone alle proprie simpatie o antipatie il rispetto obiettivo e dovuto per tutti i Soci, come per i familiari, specie per chi non condivide le sue linee guida; chi sa capire le capacità degli altri; chi non deve “accontentare” nessuno per averne il rispetto; chi sa tenere saldo il timone anche quando il mare si gonfia ed il vento rischia di spezzare le vele e traversare la nave; chi sa dire “no”, con la stessa affabilità con cui, ovviamente, sarebbe più facile e “ruffianesco” dire di “si”; chi sa ascoltare tutti e, in nome e per il bene di tutti, assume la decisione più opportuna, anche quando questa può urtare la legittima suscettibilità di pochi, nell’interesse superiore e globale di tutti; chi ha rispetto e condivide Statuto, Regolamento e Direttive espresse dal Direttivo, come usi e costumi o morali dei familiari; chi ha dimostrato abilità organizzative, mentalità programmatica e propositiva, disciplina e rispetto per le gerarchie, associative o familiari che siano; capacità di relazionarsi con gli altri e di gestire i conflitti; ampiezza ed elasticità di vedute; condivisione d’intenti con eventuali supporter esterni.

Ecco, spero che adesso sia più chiaro come chi risponde a questo ed a tanto altro ancora, in linea di massima, potrebbe essere un buon Leader.

…… Da qui, mi sembra più che intuitivo e consequenziale …….., il significato di Leadership!!!!!

Come vorremmo il nostro Leader?

Ciascuna delle affermazioni seguenti descrive un atteggiamento particolare che un leader (Dirigente, Capogruppo, Capofamiglia, Istruttore, Responsabile, od altro) può mantenere; ci sono cinque possibilità di risposte: 1.Sempre; 2.Spesso; 3.Qualche volta; 4.Raramente; 5.Mai.

Qui viene riportato il Questionario intitolato “Percezione del comportamento” seguito dal Leader, visto dalla parte di Soci o familiari, e che va da essi compilato.

IO PREFERISCO UN LEADER CHE:

  1. Si assicura che i Soci/familiari lavorino secondo le loro capacità [ ]
  2. Chiede l’opinione dei Consiglieri/familiari sulle strategie da seguire per determinati obiettivi. [ ]
  3. Aiuta i Soci/familiari nella soluz. dei problemi personali. [ ]
  4. Gratifica un Socio o familiare di fronte agli altri per una buona prestazione. [ ]
  5. Spiega le motivazioni e dà l’esempio. [ ]
  6. Pianifica indipendentemente dai Soci o familiari. [ ]
  7. Aiuta i membri del gruppo a regolare i loro conflitti. [ ]
  8. Presta particolare attenzione nel correggere gli errori dei collaboratori. [ ]
  9. Attende l’approvazione del gruppo su questioni importanti prima di andare avanti. [ ]
  10. Sottolinea al collaboratore/familiare quando quest’ultimo fa un lavoro particolarmente buono. [ ]
  11. Si assicura che la funzione del Leader, all’interno del gruppo, sia capita da tutti. [ ]
  12. Non spiega le sue azioni. [ ]
  13. Si preoccupa del benessere personale di tutti. [ ]
  14. Istruisce individualmente ogni collaboratore/familiare. [ ]
  15. Lascia partecipare tutti nelle prese di decisione. [ ]
  16. Sottolinea i meriti dei singoli. [ ]
  17.  Programma in anticipo ciò che dovrebbe essere fatto. [ ]
  18. Incoraggia tutti a dare suggerimenti sul modo di condurre una certa strategia. [ ]
  19. Fa favori personali ai Volontari. [ ]
  20. Spiega ciò che dovrebbe essere fatto e ciò che non dovrebbe essere fatto. [ ]
  21. Lascia che tutti stabiliscano i propri obiettivi personali. [ ]
  22. Esprime ogni emozione sentita. [ ]
  23. Si aspetta che tutti assolvano il proprio compito fino in fondo. [ ]
  24. Lascia che tutti provino a modo loro anche se commettono degli errori. [ ]
  25. Incoraggia i ad avere fiducia nel Leader. [ ]
  26. Indica i punti di debolezza e di forza di tutti. [ ]
  27. Rifiuta di discutere su di un punto. [ ]
  28. Esprime apprezzamento quando qualcuno compie il suo dovere con empatia. [ ]
  29. Dà specifiche istruzioni su ciò che dovrebbe essere fatto, in ogni situazione. [ ]
  30. Chiede l’opinione su importanti questioni concernenti i progetti del Leader. [ ]
  31. Incoraggia stretti ed informali rapporti tra i componenti del gruppo. [ ]
  32. Si assicura che le azioni del gruppo siano coordinate fra loro [ ]
  33. Lascia che ognuno lavori alla propria velocità personale. [ ]
  34. Si tiene alla larga dai componenti il gruppo [ ]
  35. Spiega come il contributo di ognuno si collochi nel quadro totale. [ ]
  36. Invita i collaboratori a casa sua. [ ]
  37. Dà credito a chi lo merita. [ ]
  38. Specifica in dettaglio ciò che si aspetta da tutti. [ ]
  39. Lascia che il gruppo decida sugli schemi che devono Essere usati in una determinata programmazione. [ ]
  40. Parla in modo da scoraggiare discussioni. [ ]

Obiettivi per una comunicazione efficace:

  1. Migliorare la comprensione del processo di comunicazione
  2. Divenire consapevoli degli ostacoli riguardo alla vostra capacità di comunicare
  3. Esaminare come poter inviare messaggi con empatia
  4. Considerare l'importanza di ascoltare attivamente
  5. Informarsi circa le comunicazioni non verbali
  6. Gestione del conflitto

Migliorare la comprensione del processo di comunicazione.

Consideriamo le tappe di qualsiasi processo comunicativo:

  • Decidere di inviare un messaggio;
  • Codificare un messaggio;
  • Inviare il messaggio;
  • Trasmettere il messaggio attraverso un canale di comunicazione;
  • Decodificare il messaggio ricevente;
  • Rispondere al messaggio ricevente;
  • In ogni tappa del processo comunicativo, le vostre esperienze passate ed i concetti personali possono influenzare la vostra efficacia.

Queste differenze individuali, spesso, possono essere attribuite a predisposizioni personali, disturbi nel sistema di comunicazione o mancanza di empatia.

Divenire consapevoli degli ostacoli alla vostra capacità di comunicare.

Ognuno di noi ha "pregiudizi" che influenzano negativamente la propria capacità di inviare e ricevere messaggi. Vediamo qualche esempio: concetti personali, valori, impressioni iniziali, esperienze passate, stereotipi. Non si riesce mai del tutto a superare l'influenza di questi pregiudizi, si può, tuttavia, divenire consapevoli e sforzarsi per minimizzare i loro effetti. Il primo passo è esserne consapevoli.

Esaminare come poter inviare messaggi con empatia

I vostri messaggi devono essere diretti, senza allusioni. Assumete la responsabilità dei vostri messaggi, usate IO o MIO, non NOI o LORO. I messaggi devono essere completi e specifici. Dichiarate, se potete, le vostre emozioni. I vostri messaggi devono separare i fatti dalle opinioni. Mettete a fuoco nel vostro messaggio una cosa per volta.

Inviate il messaggio immediatamente, se vi preoccupa. I vostri messaggi verbali e non verbali devono essere congruenti. I vostri messaggi devono essere ridondanti.

Rendete il messaggio adeguato all'età ed al livello culturale di chi lo deve ricevere (qualcuno, ad esempio, può irritarsi se gli date del tu, altri si possono sentire in soggezione se usate “espressioni idiomatiche troppo forbite”, ecc.). Dovete ottenere un feedback sulla corretta interpretazione del messaggio.

Informazioni circa le comunicazioni non verbali

Il campo della comunicazione non verbale è comunemente organizzato in 3 forme: Linguaggio del corpo o quello che è detto cinetico, relazioni spaziali o prossemiche e metalinguaggio, cioè il modo di esprimere le parole.

Siete consapevoli di come voi e gli altri parlate con le mani? Eccovi una tabella di riconoscimento di gesti comuni per verificare il grado di corrispondenza fra la vostra interpretazione dei gesti e quella diffusa comunemente nella nostra società:

  • Tamburellare sull'orecchio = confusione;
  • Sfregarsi le mani = angoscia;
  • Incrociare le braccia sul petto = superiorità;
  • Grattarsi la testa = desiderio di interrompere;
  • Intrecciare le mani dietro la testa = rabbia o frustrazione;
  • Allungare le braccia avanti con le palme delle mani rivolte in alto = considerazione di sé;
  • Stropicciarsi il collo = aspettativa;
  • Gambe non incrociate e poggiate lateralmente = apertura, disponibilità;
  • Indicare sé stessi con l'indice = atteggiamento chiuso o competitivo.

Leggi il seguente elenco di pettegolezzi e pregiudizi e indica la misura con la quale essi forniscono un potenziale filtro alle tue comunicazioni. Indica per ciascun esempio il numero che meglio riflette i tuoi sentimenti: 1 (Pochissima influenza), 2 (Poca influenza), 3 (Non so), 4 (Una certa influenza), 5 (Grande influenza).

  • Differente cultura [ ]
  • Aspetto trasandato [ ]
  • Attivismo politico [ ]
  • Divario di opinioni [ ]
  • Criticismo personale [ ]
  • Comportamento emotivo [ ]
  • Affermazioni negative [ ]
  • Omosessualità [ ]
  • Prestazioni d’elite [ ]
  • Problemi di alcolismo [ ]
  • Problemi di sostanze stupefacenti [ ]
  • Comportamento inadeguato [ ]

Totale [ ]

Risultati:

  • Se hai raggiunto un punteggio tra 12 e 15, difficilmente ti troverai in conflitto con gli altri
  • Tra 16 e 24, lavorandoci, puoi essere un buon comunicatore & Leader
  • Tra 25 e 36, hai difficoltà relazionali; la tua leadership può attendere
  • Tra 37 e 48, hai un cattivo rapporto col Tuo prossimo e sei negato per la leadership
  • Tra 49 e 60 …… beh, è meglio cambiar tipo di approccio col prossimo e rivolgersi ad un buon Psicologo

Il ruolo del Leader e la sua capacità di Leadership

In tutte le occasioni, il Leader (inteso come Dirigente, Responsabile, Tutor, Capofamiglia, Trainer, Istruttore, ecc.) é certamente una figura basilare, sia per quanto riguarda la preparazione tecnica del soggetto, sia per quanto concerne il supporto psicologico di cui ogni ognuno sente la necessità. Il suo ruolo, in seno al sodalizio, Associazione o nucleo familiare od al gruppo di lavoro che dirige, o nei confronti del singolo individuo, lo pone in una relazione interpersonale di tipo complementare, nella cosiddetta posizione one - up.

Ciò sta a significare che egli si ritrova ad essere un punto di riferimento ed un modello di identificazione per tutti, sia sul piano dell’impegno lavorativo, che su quello umano. Il Leader appare dunque come un punto di incontro tra le figure familiari, rivestite di autorità ma anche di una certa carica affettiva, e il sistema sociale e il soggetto. L'attività e gli obiettivi perseguiti sotto le direttive del Leader possono diventare un momento di tensione in situazioni e contesti sociali affettivamente svantaggiati. Ma qual'é l'effettiva realtà in cui si muove la figura del Leader? L'atteggiamento da evitare é quello autocratico: il Leader deve essere sempre disponibile nel chiedere dei pareri al gruppo e nel seguire le loro indicazioni !!!

Alcuni Leader tendono spesso a sopravvalutare la parte organizzativa-logistica (anche in famiglia) e a non preoccuparsi di offrire un adeguato sostegno affettivo, rivelando una scarsa preparazione in questo settore ed evidenziando una mancanza di sensibilità nei confronti delle problematiche umane. Da ciò, si prospetta una situazione non molto positiva dei rapporti fra la base ed il leader: infatti, quest’ultimo, sembrerebbe basare il suo interesse quasi solo sul rendimento, assumendo un atteggiamento autoritario nei confronti del singolo.

Il suo comportamento può venire percepito dalla base come molto distaccato ed incurante di quelle che sono le loro aspettative, soprattutto a livello umano.

La funzione espletata dallo psicologo diventa allora uno strumento per risolvere molte delle complesse situazioni che possono sorgere fra Leader e Soci o componenti familiari.

Burn - out

L'espressione “Burn - out” si riferisce al fenomeno per cui un Leader esaurisce la sua energia, ha un crollo psicologico e motivazionale e non riesce più a far fronte alle onerose esigenze della sua attività. Come abbiamo già in parte constatato, il lavoro del Leader si può svolgere in un ambiente piuttosto stressante; caratterizzato dalla presenza delle responsabilità riguardanti l'adeguata preparazione e le interferenze esterne, delle Istituzioni e della Società. Elementi da burn-out, ad esempio, possono essere anche i problemi comportamentali e di carattere disciplinare che possono sorgere all'interno del gruppo.

Sono stati individuati alcuni comportamenti che possono contribuire all'insorgenza del Burn – out: essere perfezionista e non tollerare i possibili errori propri e degli altri, mancanza di capacità assertive, essere insoddisfatti, avere delle aspettative troppo elevate o farsi assorbire troppo dall'attività. Secondo molte indagini, risulta che la “professione” di Leader sia intrapresa da soggetti assertivi ed estroversi che resistono agli insuccessi ed alle frustrazioni in maggior misura rispetto all’espletamento di altre professioni. Non possiamo dimenticare che la figura chiave del Leader ha anche il delicato compito di sostenere il gruppo nei momenti di maggiore difficoltà e di prevenire con il suo supporto il Burn-out dei soggetti a lui affidati.

Ne consegue che, se non opportunamente trattati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato. Letteralmente burn out significa proprio "bruciarsi".

Le seguenti proposizioni si correlano alla tua “immagine ideale di leadership”?

Assumi il ruolo di leader e rispondi alle domande. Segna la risposta che meglio riflette il tuo stile di leadership (1 D’accordo, 2 In disaccordo).

  • Quando dico a qualcuno di fare qualcosa, mi aspetto che lui/lei lo faccia senza porre domande. Dopotutto sono io il responsabile. []
  • Di solito lo stretto controllo da parte di un leader fa più male che bene []
  • Sebbene la disciplina sia importante, il capo efficiente deve moderare l’uso di provvedimenti disciplinari con la conoscenza delle persone e della situazione. []
  • Un leader deve fare ogni sforzo per suddividere i compiti Delle persone quanto più è possibile. []
  • Una leadership distribuita o un metodo veramente democratico in un gruppo può funzionare solo quando c’è un capo riconosciuto che presiede al metodo. []
  • Come leader sono responsabile per tutte le azioni del mio gruppo. []
  • La maggior parte delle persone richiede solo il minimo di istruzione da parte del loro capo per fare un buon lavoro. []
  • Chi è subordinato di solito richiede il controllo di un capo efficiente. []
  • La leadership di solito dovrebbe essere distribuita equamente tra i componenti di un gruppo così che qualche volta potrebbero esserci due o più capi. []
  • La leadership proviene generalmente dal vertice, ma ci Sono alcune eccezioni alla regola. []
  • La funzione disciplinare del capo consiste nel chiedere opinioni democratiche sui problemi al loro nascere. []
  • Il leader dovrebbe essere il membro del gruppo che gli altri riconoscono idoneo a coordinare le loro attività e per rappresentare il gruppo. []
  • Un leader ha bisogno di esercitare un certo controllo. []
  • Un buon leader deve stabilire e sostenere severamente un sistema impersonale di disciplina. []
  • I codici disciplinari dovrebbero essere flessibili e tener conto di decisioni individuali da parte del capo in ciascuna situazione particolare. []
  • Il lavoro di un leader è di coordinare i Volontari per il lavoro da fare, chiedere loro il modo in cui possa essere meglio compiuto e poi aiutare a raggiungere d’accordo un piano d’attacco. []
  • Una posizione di comando implica una superiorità generale sui Volontari. []

Cancella le affermazioni che contesti: ciò che resta è il tuo profilo di Leader.

Potenziali concause di “conflitti”: 1) Scarsa Autostima.

Strategie per accrescere l’autostima

Bisogna ricordarsi spesso precedenti successi, per esempio un caso andato a buon fine, un successo anche di altra natura (sociale, affettiva, hobbistica, ecc.) e soffermarsi su come ci si sentiva soddisfatti. Concedersi un rinforzo positivo (premio) ogni volta che si raggiunge un obiettivo o che si migliora la resa; dobbiamo festeggiare, regalarci qualcosa, fare qualcosa che ci faccia stare bene. Non bisogna fermarsi a pensare che gli altri, forse, sono più abili di noi, ma ci si deve concentrare piuttosto sulle nostre qualità; ciò non significa ignorare le capacità degli altri (sarebbe un grosso sbaglio). Ma questo pensiero aiuterà a ridimensionarli nei nostri pensieri.

Ricordare sempre le nostre MOTIVAZIONI, il perché ci troviamo qui e dove vogliamo arrivare. Fidarsi di noi stessi e del nostro valore IN OGNI MOMENTO e per OGNI COMPITO assegnatoci; questa è la cosa più importante; ci aiuterà a restare calmi e sereni nei momenti difficili. Ciò ci darà più fiducia in noi stessi, più autostima, meno “rancore” verso gli altri e, di conseguenza, minori opportunità di conflitto.

Un altro elemento che può rivelarsi una concausa di “conflitto”:

Due principali tipi di ansia: l’ansia cognitiva e l’ansia somatica:

  • l’ANSIA COGNITIVA è la componente mentale, che si manifesta attraverso preoccupazioni, pensieri ed immagini spiacevoli, distrazioni, aspettative di fallimento e autosvalutazione
  • l’ANSIA SOMATICA è la componente organica che si manifesta attraverso l’incremento della frequenza cardiaca, dispnea, sudorazione, tensione muscolare, ecc.

Lo stress psicologico può diminuire la fiducia in sé stessi, portandoci a credere di essere incapaci.

In Europa: circa un individuo su tre (in tutto oltre 40 milioni di persone) dichiara di soffrire di stress sul lavoro e/o in famiglia si calcola che lo stress sia causa di più del 50% dei giorni attivi persi nell’Unione europea. In Italia, dove lo stress è risultato il sintomo sanitario più comune (27%) rispetto alla media europea (22%), un italiano su due (51%) godrebbe di sostegno e assistenza da parte dei colleghi e/o familiari, rispetto ai due su tre (67%) in Europa.

Lo stress è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro e possono divenire conflittuali.

L’individuo è assolutamente in grado di sostenere una esposizione di breve durata alla tensione, che può essere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltà a sostenere una esposizione prolungata ad una pressione intensa. Inoltre, individui diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo può reagire diversamente di fronte a situazioni simili in momenti diversi della propria vita.

Lo stress non è una malattia ma una situazione di prolungata tensione e può ridurre l’efficienza “operativa” dell’individuo e produrre, a sua volta, conflitti per un cattivo stato di salute. Lo stress che, ha vari origini, può condurre a cambiamenti nel comportamento e ad una ridotta efficienza e capacità sociale e relazionale. Non tutte le manifestazioni di stress possono essere considerate come stress lavoro-correlato (anche lavoro domestico od accudimento familiare). Lo stress può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e/o dell’ambiente familiare, carenze affettive, solitudine, isolamento, TV dipendenza, carenze nella comunicazione, senilità, aggressività repressa, etc.

Il conflitto può generare stress, almeno quanto lo stress può favorire il conflitto. Lo stress è una sindrome di adattamento a degli stressor (sollecitazioni). Può essere fisiologica, cioè coerente con l’impegno fisico e mentale del soggetto, ma può avere anche dei risvolti patologici. Una risposta maladattativa a un evento stressante può determinare l'insorgenza di un quadro patologico. La maladattatività può risultare di interesse clinico qualora consista in sintomi emotivi o comportamentali tali da causare sofferenza soggettiva e una significativa compromissione nel funzionamento sociale e lavorativo del soggetto.

Lo stress riduce la concentrazione, restringe il campo attentivo, aumenta la frequenza di pensieri negativi, causa conflitti interpersonali, può provocare danni fisici e può indurre all’utilizzo di sostanze alcoliche o stupefacenti, negli adolescenti o nei giovani in generale, come pure nelle persone mature …. e oltre, e nei Leader. Nella definizione dello stress è fondamentale notare quanto siano importanti le percezioni soggettive: non è solamente l’ambiente che ci porta a subire lo stress, ma è soprattutto il modo in cui percepiamo questi fatti.

Sono molti i fattori che, possono far sperimentare ad una persona una notevole quantità di stress; fra questi ricordo:

  • la propria attività impegnativa, anche in ambito familiare; per esempio fare i nonni…….;
  • la frustrazione della consapevolezza della carenza di energie da spendere;
  • il timore di sbagliare o di essere contestato (specie dai figli);
  • gli sforzi dell’apprendimento / adeguamento;
  • la relazione con i familiari (spesso ci si sente un peso);
  • gli ostacoli che si possono incontrare (infortuni, impegni sociali);
  • mancanza di rispetto da parte di chi ci circonda;
  • incapacità di esternare le proprie emozioni;
  • passaggio da un ruolo od incarico ad un altro (per esempio, andare in pensione e perdere autorità);
  • cambiamenti ambientali (trasferimenti in soluzioni abitative diverse);
  • condizioni di salute precarie, acute o croniche;
  • l’infortunio subito;
  • il potenziale pericolo di un nuovo problema;
  • e tanto, tanto, tanto ancora; variabile da soggetto a soggetto.
               Potenziali conseguenze di stress da conflitto non risolto
        Cannava_Conflitto_Leadership_1

Come reagite Voi, di fronte ad una situazione di estrema difficoltà?

A quali risorse fate appello in caso di difficoltà?

       Cannava_Conflitto_Leadership_2

      Cannava_Conflitto_Leadership_3

COPING

  • “Far fronte reagire a”
  • come le persone affrontano (to cope with) le situazioni che vengono percepite come stressanti, sia quotidiane sia straordinarie, allo scopo di attivare l’individuo a fare qualcosa per dominare l’evento e controllare le proprie emozioni
  • stress --> valutazione dello stress --> strategie di coping

         Cannava_Conflitto_Leadership_4

        Cannava_Conflitto_Leadership_5

Un buon antidoto all’insorgenza del “conflitto” si chiama rispettosa, biunivoca, “Empatia”. Non esiste la parola magica da dire a noi stessi od alle persone che ci circondano.

La consapevolezza delle proprie capacità e delle proprie risorse fa di un individuo, un buon interlocutore, avulso da conflitti.

Non esistono unguenti o filtri miracolosi per profondere afflato in un essere umano. Ci vuole solo tanta abnegazione e rispetto degli altri. Solo dopo, potremo avere rispetto per la nostra persona. Il motto di ogni individuo “ascoltatore” deve essere:

”fai agli altri, ciò che vorresti fosse fatto a te”.

Pensiamoci, ogni volta che il nostro comportamento potrebbe generare un conflitto con altre persone.

Costruiamo la pace dentro di noi, se vogliamo davvero portarla nel cuore degli altri. Nessuno ci potrà stimare se noi, per primi, non avremo fiducia e stima di noi stessi, attraverso la consapevolezza di aver fatto tutto ciò che avremmo potuto fare per prevenire, evitare, o risolvere il conflitto.

Grazie per l’attenzione.

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Salvatore Cannavà (vedi gli altri incontri con il Dott. Salvo Cannavà)


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