Farina_MauroPubblichiamo una sintesi della lezione tenuta lo scorso giovedì 21 novembre 2019 dal dr. Mauro Farina, sul tema “La città di Augusta nei secc. XV-XVIII: alcuni aspetti di natura sociale, economica ed ecclesiastica”.

ASPETTI SOCIALI

La città di Augusta, sin dalla sua fondazione è sempre stata un punto di grande importanza, vista la sua posizione strategica. Ciò ha consentito che essa divenisse un punto di riferimento dal punto di sociale, in particolar modo per il contatto con altre etnie quali, per esempio, quella ebraica e quella islamica.
Il benessere di cui godette la città di Augusta sotto la dominazione aragonese portò all’accoglienza di una comunità ebraica, accolti in un ghetto localizzato nel quartiere detto dei cannizzoli.

Testimonianza della presenza semitica in Augusta è un provvedimento giudiziario del 1422 verso Manuele, un ebreo residente in Augusta accusato di aver avuto rapporti sessuali con una cristiana. Nel 1428 le comunità semitiche offrirono al Re Alfonso d’Aragona dei donativi, ma gli ebrei di Augusta e Castronuovo si rifiutarono di versare le quote, venendo trattati duramente dal sovrano, a tal punto che dovettero considerare l’arresa, raccogliere la somma e versarla al re.

Il 1470 segnò per Augusta l’inizio di un periodo buio perché la città venne invasa dalla peste. Il governo, allora, per spegnere i focolai dell’infezione, tolse agli ebrei l’obbligo di dimorare solo nel ghetto. Pertanto, essi si rifugiarono nella campagna, scatenando la paura tra la gente, intimorita dal venire a contatto con gli infedeli Il re, dunque, decise di espellere la comunità semita dal territorio: sul finire del sec. XV la comunità ebraica era totalmente sparita.

Se la convivenza fu relativamente possibile con la popolazione ebraica, più aspro e conflittuale fu il contatto con il popolo musulmano.

Nel 1551 una flotta di cento galee comandata da Semen Pascià assalì la città di Augusta, dandola alle fiamme, seminando terrore e paura tra gli abitanti. Le invasioni ottomane ebbero ulteriore manifestazione negli anni 1552, 1553 e 1560. Secondo una cronaca custodita presso la famiglia Zuppello, nel 1560 Piali Pascià, dopo aver distrutto le campagne di Augusta, tentò di eliminare anche il centro abitato ma gli Augustani, guidati dal concittadino Mario Lachino, seppero tener testa agli invasori, costringendoli alla fuga e alla resa.

Il fenomeno dell’invasione ottomana, in particolar modo quella del 1560, è legato alla figura del Santo Patrono, San Domenico di Guzmàn. La tradizione vuole che, mentre i turchi sbarcarono nel Golfo Xifonio, apparve loro un frate, in sella ad un destriero e con in mano una spada scintillante che, gettandosi fra gli invasori, creò tra loro così tanto scompiglio e paura che essi furono costretti alla fuga.

Volendo trovare una verità storica all’interno della leggenda, è bene tenere presente che l’Ordine Domenicano sito in Augusta, sin dalla fondazione del Convento, aveva ottenuto dal Romano Pontefice il permesso, poi legittimamente confermato con Bolla Papale solo nel 1508, di custodire armi all’interno del Convento, oltre a possedere un’ottima tecnica di combattimento. Infatti, un intervento difensivo dei Domenicani in Augusta venne registrato il 2 Febbraio 1286, quando la Sicilia, ora sotto dominio aragonese dopo la morsa angioina, subì l’attaccò dei Francesi poi sventato da Ruggero di Lauria. In detta occasione, mentre i Francesi assediavano il castello, tredici monaci domenicani accorsero in armi in difesa della fortezza federiciana, combattendo valorosamente contro gli invasori.

La seconda metà del 1600 segnò per Augusta un periodo di benessere generale, grazie al clima di quiete e di pace che regnò sulla città, altre all’aumento del lavoro.farina_2019_2020

Nel 1641 ci fu una grave carestia dei grani che mise in ginocchio gran parte delle città della Sicilia sudorientale. Augusta, fortunatamente, fu esente da questo disastroso evento. Anzi, si fece carico di aiutare le città in difficoltà.

Un tragico evento che colpì la città di Augusta e l’intera Val di Noto fu il disastroso terremoto del 1693. Secondo le testimonianze dello storico Antonino Mongitore (Palermo, 4 Maggio 1663-6 Giugno 1743), la città di Augusta venne sorpresa dal terremoto il 9 Gennaio 1693 provocando il collasso di molti edifici. Un secondo terremoto, l’11 Gennaio, rase al suolo l’intera città. Al secondo evento tellurico seguì un incendio che fece brillare le polveri piriche contenute nel castello, causando la morte del castellano, della sua famiglia e di una quarantina di monache che soggiornavano nella fortezza federiciana. I detriti del castello volarono per circa otto miglia, causando la morte di altri cittadini in fuga. Gli eventi sismici si protrassero fino ad Aprile, impedendo la rapida ricostruzione della città. È credenza popolare che il popolo di Augusta, sconvolto dal terremoto, si riunì attorno le macerie della Chiesa Madre ed intonò il Te Deum quale inno di ringraziamento per aver avuto salva la vita.

Iniziò, così, la ricostruzione della città. Nel breve intervallo di due anni la città risorse dalle rovine, tanto che il viceré Duca di Uzeda, venuto in visita, restò meravigliato di vedere così presto cancellati i segni del disastro e dispose che venissero elargiti mezzi per incentivare la ricostruzione che, purtroppo, non vennero mai consegnati alla città.

ASPETTI DI NATURA ECCLESIASTICA

Non si può parlare degli aspetti sociali di una città se non si prende in considerazione ciò che riguarda il mondo ecclesiastico, nodo fondamentale per la costituzione di un’identità comunitaria cittadina.

Le uniche ed attendibili informazioni su quali fossero le chiese erette nel territorio megarese sono riscontrabili nella preziosa opera dello storico Pietro Sella il quale, nella sua «Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV», ci ha offerto un quadro preciso e dettagliato delle chiese all’epoca esistenti in Augusta. Tra le chiese segnalate dal Sella, un ruolo di particolare rilievo e prestigio ebbe la Chiesa di Santa Maria Maggiore, poi dedicata a S. Maria dei Miracoli e, infine, a Maria SS. Assunta, per essere stata, fino al 1718, il principale tempio cittadino, nonché l’unico centro della vita sacramentale. Ne consegue che per il clero locale era motivo di ambizione e prestigio poter presiedere tale realtà ecclesiastica, fregiandosi del titolo di “Beneficiato dell’unica parrocchia”, dedicata a Santa Maria Maggiore. È noto, infatti, il duro iter processuale che, dalla testimonianza dei maggiorenti fino ad una prova di cultura generale, dovevano sostenere i candidati a ricoprire tale ruolo.

Il periodo storico che va dal 1545 al 1563 segnò per la Chiesa un periodo di importanti lavori per arginare l’influsso riformatore di Martin Lutero. Oltre a vari decreti, il Concilio propose l’istituzione dei registri parrocchiali per il controllo demografico dei fedeli.

Ad Augusta, la costituzione dei registri parrocchiali è databile intorno la fine del 1564, anno di elezione a Beneficiato Curato della Matrice Ecclesia del Sac. Rocco Immolo (primo parroco della Matrice, secondo i documenti posseduti). Secondo i dettami del Concilio, vennero istituiti quattro registri parrocchiali per annotare i Battesimi, le Cresime, i Matrimoni e le Sepolture. Un registro di particolare interesse fu il cosiddetto “Stato d’Anime” dal quale ha preso successivamente vita l’attuale Archivio di Stato Civile.

Benché l’unica Parrocchia presente in Augusta fino al 1718 fu la Chiesa Madre, nel 1650, il Vescovo di Siracusa innalzò la Chiesa di Sant’Andrea alla dignità di Chiesa Rettoriale Sacramentale.

Nel Maggio del 1718 i Giurati della Città di Augusta e i fedeli fecero richiesta al Vescovo affinché venisse eretta una nuova Parrocchia poiché erano sorte delle inconvenienze per l’amministrazione e l’esercizio dei Sacramenti nelle zone lontane dalla Chiesa Madre. Pertanto, il Vescovo Termini, il 19 Novembre 1718 emanò un decreto di smembramento della Parrocchia Matrice con l’obbligo di erigere una nuova Parrocchia, prima sotto il titolo del SS.mo Nome di Gesù, poi sotto quello di San Sebastiano martire, in quanto protettore dell’Università Comunale.

ASPETTI ECONOMICO – AMMINISTRATIVI

Come nella maggior parte dei comuni di origine medievale, anche Augusta era dotata di una amministrazione municipale, che contava, oltre la giurazia, organo principale dell’amministrazione pubblica composto da quattro membri, anche una lunga schiera di ufficiali minori, tra cui acatapani, maestri di polizia e i rappresentanti delle maestranze (complesso di maestri operai che lavoravano in uno stabilimento, da cui dipendevano gli operai più giovani, i garzoni, gli apprendisti, sinonimo di corporazione d’arti e mestieri) che ad Augusta prendevano il nome di “Consolati”.

Farina_2019_4La variegata composizione dell’amministrazione cittadina, pertanto, rappresentava una determinata immagine del ceto sociale, composto da nobili, ecclesiastici, togati, medici ma anche artigiani e popolo semplice. Tale immagine, si concretizzava nelle principali manifestazioni religiose, nelle quali tutta la città sfilava in processione secondo un preciso ordine, che definiva chiaramente la gerarchia sociale.

Esaustivo per capire meglio quali fossero i Consolati operanti in Augusta è un documento contenuto presso l’Archivio Vicariale della Chiesa Madre di Augusta, che mostra l’ordine processionale delle maestranze durante la Solennità del Corpus Domini dell’anno 1776, in cui si nota la divisione in tre settori (corso destro, centro e corso sinistro) delle quindici maestranze. Come citato sopra, la posizione di un consolato rispetto gli altri decretava il prestigio di tale sodalizio. Pertanto, si considerino più prestigiosi i consolati che occupavano le prime file, in particolar modo del corso destro.  Ulteriore distinzione da tenere presente era quella tra coloro che erano “mastri” e non: tale appellativo, infatti, era sinonimo di un ceto lievemente superiore rispetto ai membri degli altri “Consolati”. 

Un secondo documento ci mostra, invece, la situazione dei “Consolati” nel 1820, dove lampante è la disposizione in un’unica fila.  La presenza di un numero così importante di maestranze portò alla necessità di redigere veri e propri atti notarili per disciplinare i cortei ed evitare tensioni tra i vari ceti che volevano contendersi il posto migliore. Con l’unità d’Italia, invece, venendo meno il vecchio assetto amministrativo, è probabile che si dovette assistere ad un progressivo scioglimento ed estinzione dei “Consolati”.

In definitiva, si può affermare che la città di Augusta, sin dai primi secoli, è stata un vivacissimo centro culturale, un punto di riferimento per l’economia della Sicilia orientale, un centro di scambio interculturale e uno dei più importanti centri di nascita, consolidamento e sviluppo di associazioni laiche che radunavano, disciplinavano e sostenevano la popolazione. La presa di coscienza di un nobile e dignitoso passato sia da sprone per sperare in un più florido futuro.

Dott. Mauro Farina

(Leggi il curriculum di Mauro Farina e gli altri incontri in aula.)

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