12 Maggio 2015
Il secondo incontro, di lunedì 20 aprile 2015, sul tema delle tradizioni è stato incentrato sul culto di S.Domenico in Augusta. Un rapporto che lega Augusta al suo Santo Patrono sin dalla fondazione della città ad opera di Federico II di Svevia.
Un tema avvincente presentato con dovizia di riferimenti storici e archivistici da Giuseppe Carrabino, presidente della Commissione Comunale di Storia Patria e Coordinatore delle Confraternite della città.
Il relatore si è soffermato sugli aspetti storici distinguendo dalle tradizioni e leggende che nei secoli hanno arricchito la devozione e la fantasia popolare. Tuttavia, ha detto Carrabino, è nostro compito distinguere ma non deridere anche perché non abbiamo alcun diritto di mettere in discussione ciò che per generazioni sono stati dogmi di fede. La veridicità di miracoli, reliquie o quei sacramentali come potrebbero essere le schegge del cipresso di reginaldiana memoria appartengono alla sfera della pietà popolare e della devozione intima e familiare.
Diversa è la questione di episodi storicamente accertati e documentati che legano la città al suo Santo Patrono quale l’intercessione attribuitagli in diversi momenti della storia.
Carrabino ha ripercorso secoli di storia con un continuo parallelismo tra storia, leggenda e tradizione: dalla fondazione della città all’arrivo dei frati domenicani, la piantumazione di un albero quale simbolo della nascita della comunità civica ed ecclesiale; l’assedio turco del 1551 e il terremoto del 1693; ed ancora la festa, le corse dei cavalli, la chiesa e non ultimi gli ex voto donati dai tanti emigrati augustanesi in America.
Particolarmente avvincente il riferimento ad una delle pagine ancora vive nel cuore del popolo, anche perché riferibile al periodo dell’immediato dopoguerra. Nell’Augusta dei pescatori, dei salinari, dei contadini, della modesta gente del popolo, l’annuale festa del Patrono era l’occasione per indossare il vestito nuovo, ‘arrifriscari’ le pareti della casa o tinteggiarne il prospetto, partecipare ai numerosi momenti codificati dell’ annuale rito collettivo.
Vi erano però anni particolari, atteso che le finanze lo consentivano, in cui la festa si arricchiva di ulteriori iniziative, prima fra tutte: la corsa dei cavalli. Questa competizione, che richiamava molti forestieri e soprattutto i cavalli dei più facoltosi possidenti della Sicilia orientale, aveva un preciso scopo nel calendario dei festeggiamenti.
Del resto le corse dei cavalli, come manifestazione ludica di aggregazione popolare, erano in calendario in occasione di diverse feste patronali della Sicilia, ma ad Augusta questa manifestazione aveva una sua precisa connotazione. Il cavallo, infatti, che percorreva la principale via cittadina, ricordava al popolo la miracolosa apparizione del Santo Patrono che il 24 maggio 1594 su un bianco destriero e spada sguainata mise in fuga le armate ottomane. Questo episodio è profondamente radicato nella tradizione del popolo di Augusta.
Le stesse stampe devote distribuite nel corso dei secoli hanno sempre raffigurato il Santo a cavallo con la spada nell’atto di liberare la città dagli infedeli. La riproposizione delle corse dei cavalli era pertanto un appuntamento atteso con trepidanza e gioia. Per rendere partecipe la cittadinanza della solennità dei festeggiamenti e l’inclusione nel programma delle attesissime corse dei cavalli, veniva approntata una singolare forma pubblicitaria.
Circa quaranta giorni prima della festività, e comunque nel periodo successivo alla pasqua, andava in giro per le strade, questuando, il famosissimo ‘bibidibì’. Si trattava di un suonatore di tamburo seguito da uno stendardo settecentesco su cui era raffigurato San Domenico a cavallo. Il popolo amava ripetere “bibidibi, bibidibà fatti fari a vistina i to’ ma”, che significa “bibidibi, bibidibà fatti confezionare il vestito nuovo da tua mamma, perché era costume acquistare le scarpe nuove per le festività pasquali e il vestito nuovo per S.Domenico.
Era questo un tempo non molto lontano.
Carrabino ha poi illustrato il patrimonio storico-artistico pertinente alla chiesa del S.Patrono, i dipinti, le argenterie, il simulacro, gli attributi iconografici e il pregevole braccio antropomorfo contenente la reliquia del dente del S.Patrono.
Nel suo intervento conclusivo Carrabino ha esaltato la genuina devozione popolare, i segni della festa, il ruolo delle Confraternite da sempre protagoniste indiscusse di un rituale che ha lo scopo di rammentare il patrocinio del S.Patrono, tutti elementi di una fede particolarmente viva che necessita di essere alimentata affinché la fiaccola domenicana torni a brillare nella nostra Augusta.
La Redazione