Carrabino_Relique_00Si è tenuta lunedì 15 Gennaio la seconda delle due lezioni nell’ambito del ciclo di incontri su “Storia e tradizioni del territorio” che ha visto il relatore Giuseppe Carrabino, cultore di storia e tradizioni locali e veterano dei docenti UNITRE, relazionarci su: Il Mistero delle Reliquie, Reliquie e Reliquiari nelle Chiese della Città di Augusta”

“….solo più tardi potemmo raccoglierne i resti, più preziosi delle gemme, più pregevoli dell’oro, e li riponemmo in luogo conveniente. Quando sarà possibile, quando il Signore ce ne darà la grazia, là ci uniremo a celebrare con allegrezza e gioia il giorno anniversario del suo martirio; (ci uniremo là) per ricordare quelli che hanno combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e pronti quelli, ai quali nell’ avvenire è riservata la lotta” .

Così, in una lettera scritta probabilmente verso il 167, i fedeli della chiesa di Smirne conclusero il racconto del martirio del loro vescovo Policarpo. Questa lettera è un prezioso documento e, forse, una delle più antiche testimonianze relative alla cura riservata ai resti mortali di un santo e la venerazione della sua memoria. Si tratta della prima attestazione di un culto di reliquie. In quanto “portatori di Cristo”, secondo la definizione di Tertulliano, i santi erano considerati intercessori presso Dio, e, come affermava San Tommaso d’Aquino, i loro corpi, che erano stati “templi e strumenti dello Spirito Santo il quale operava ed abitava in essi”, erano degni di venerazione perché “Dio stesso onora convenientemente tali reliquie, compiendo miracoli per mezzo di esse”.

All’inizio del terzo millennio potrebbe sembrare anacronistico ed irrazionale uno studio sulle reliquie, tuttavia, proprio per la mentalità dei nostri tempi, si rende sempre più necessaria un’ azione mirata al recupero di un patrimonio che, altrimenti, andrebbe irrimediabilmente perduto. L’analisi del fenomeno, definito sempre più spesso “semplice memoria medievale”, necessita di un approccio e di specifici approfondimenti per tentare di comprendere questa straordinaria forma di pietà popolare che ha alimentato la fede nel corso dei secoli e nel contempo costituiva orgoglio municipale. Spesso, infatti, l’arrivo per vie oscure di una reliquia, al di là del problema culturalmente relativo della sua autenticità, attivò attorno a quell'oggetto carico di suggestioni e di evocazioni evangeliche l'orgoglio municipale e le sue forme di ostentazione, a cominciare dalla redazione di scritture celebrative capaci di esaltare il prestigio cittadino.

Il culto delle reliquie è comunque una delle tradizioni più antiche non solo nella religione cristiana ma anche in altre religioni e culture. L’uomo, infatti, ha sempre sentito il bisogno di alimentare la propria fede con testimonianze concrete e tangibili quali strumento di mediazione con la divinità. Da questa esigenza, ma soprattutto dalla necessità di vedere e toccare le prove di una verità che trascende la realtà materiale, nasce il culto delle reliquie.

Il più antico ed alto precedente di un atteggiamento di ricerca e contatto con il sacro, potrebbe essere proprio quello dell’apostolo S. Tommaso: “se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo fianco, non crederò”. Un atteggiamento che lo stesso Gesù sembra in qualche modo autorizzare: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!  ed aggiunse: beati quelli che pur non avendo visto crederanno”(GV 20, 24–29).

Da quanto detto si evince che la storia delle reliquie è legata alla ricerca della memoria del passaggio di Gesù sulla terra. Del resto, scopo primario dei pellegrinaggi in Terrasanta, era proprio la ricerca del contatto con i luoghi dove le vicende bibliche si svolsero e i loro protagonisti vissero.

Il tema delle Reliquie ha affascinato gli uomini di tutti i tempi. Lo stesso Ordine dei Templari, nato per la difesa dei pellegrini, è legato altresì alla celebre reliquia del Santo Graal, quel calice che pare abbia utilizzato Gesù per la prima celebrazione Eucaristica della storia. Un calice custodito a Valencia e che opportunamente rimaneggiato, senza particolari clamori è stato legittimato dalla Chiesa tanto che Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI dopo hanno voluto usarlo per la celebrazione Eucaristica

Alla fine del IV secolo, Paolino di Nola conferma, in modo abbastanza esplicito che “nessun altro desiderio attrae gli uomini a Gerusalemme se non quello di vedere e toccare i luoghi dove Cristo fu fisicamente presente” Ciò che desiderano i cristiani, aggiunge Paolino, è vedere la mangiatoia dove nacque, il fiume dove fu battezzato, il palazzo dove fu condannato, la colonna della flagellazione, le spine della corona, il legno della croce, la pietra del sepolcro, “tutte queste cose ricordano la passata presenza di Dio sulla terra e dimostrano le basi antiche delle nostre credenze moderne”.

San Tommaso, nella sua Summa Teologica, affermava che le reliquie dei Santi e ‘principalmente i loro corpi, templi e strumenti dello Spirito Santo, che in essi operava e abitava, erano degni di venerazione, in quanto ‘Dio stesso onora convenientemente tali reliquie, compiendo miracoli per mezzo di esse ’.

Purtroppo, la necessità di documentare tutte le vicende legate alla passione, spinse i pellegrini a venerare le più disparate testimonianze del racconto biblico. A questo si aggiunse la tradizione connessa allo stesso pellegrinaggio di portarsi come ricordo una reliquia, segno concreto da poter esibire e rendere partecipi quanti non erano in grado di spostarsi per ragioni economiche o di salute, oltre alla possibilità di vantare un “resto” sacro dal potere magico e taumaturgico in quanto appartenuto ad un personaggio santo.

Erano soprattutto i pellegrini che si recavano a Roma che facevano ritorno nei paesi di provenienza con quantità di reliquie, poi in parte distribuite come doni alle persone care rimaste a casa.

Diciamo innanzitutto che il termine reliquia significa “ciò che resta”: il riferimento è al corpo del santo (corpus) o a parti di esso (ex ossibus), ma in senso lato, ci si riferisce anche agli oggetti che furono a contatto con quella persona: strumenti di martirio, vesti, utensili che sono tanto più preziosi quanto più stati a contatto con il vivente. Si parla pure di reliquie ex contactu, riferendosi ai panni che hanno toccato il sepolcro, il corpo o gli oli che ardevano nei santuari.

Le insidie connesse al culto delle reliquie, nonostante la facilità con cui venivano fatte circolare, erano ben presenti fin dai primi secoli del cristianesimo agli scrittori che sovente si soffermavano a raccomandarne un uso corretto, per sottrarsi alle sempre incombente accusa di idolatria. Tali suggerimenti erano motivati dalle insolite reliquie esposte al culto in diversi santuari della cristianità: latte e capelli della Vergine Maria, sangue di Cristo, la santa lancia, diverse centinaia di chiodi che trafissero Gesù, il legno della croce, il titolo della stessa, la corona di spine, oltre a corpi, braccia e teste di santi presenti contemporaneamente in luoghi diversi. A tutto questo si aggiungeva l’abisso di credenze, che portò anche uomini colti ed avvertiti, a pregare davanti al dente da latte di Gesù o ad inginocchiarsi dinanzi alla coda dell’asino montato dal Maestro la domenica della Palme per l’entrata in Gerusalemme (Ferdinando Molteni, Memoria Christi Reliquie di Terrasanta in Occidente, Vallecchi Editore giugno 1996 – pp. 13-14).

Nel tentativo di dare concrete risposte alle esigenze dei fedeli, proprio a Roma, negli ultimi decenni del Cinquecento, l’eccezionale scoperta delle catacombe e dei cimiteri paleocristiani, oltre alla ripresa delle canonizzazioni sotto il pontificato di Sisto V, sospese da sessantacinque anni, favorì una intensa attività di recupero dei corpi santi con traslazioni, ricognizioni, inventari e donazioni di reliquie, certificazioni di autenticità, atti notarili, apparati scenici che coinvolgevano l’intera popolazione, oltre al radicale rinnovamento dell’edilizia, dell’arredo e della suppellettile sacra.

Precise normative furono impartite per l’identificazione delle reliquie, la loro catalogazione e la conservazione in appositi reliquiari ben sigillati. Tale rinnovato interesse consentì inoltre di rifornire notevolmente i sacrari o depositi diocesani dove si custodivano le reliquie destinate alla consacrazione degli altari.

Non bisogna dimenticare che i primi cristiani celebravano il sacrificio eucaristico sopra le tombe dei martiri.

Successivamente, con la pace costantiniana ed il fiorire, tra il IV e il VI secolo, di una vastissima gamma di edifici sacri, ebbe inizio la tradizione di traslare i corpi nei santuari e, parte di essi o loro frammenti, vennero collocati all’interno degli altari – detti are sacre – che dovevano essere necessariamente di pietra o marmo. Tale obbligo venne esteso a tutte le chiese della cristianità con l’imposizione di poter celebrare il sacrificio eucaristico solamente se la mensa era munita di pietra consacrata contenente le reliquie dei santi martiri.

La grande diffusione del culto delle reliquie determinò inoltre il proliferare di appositi contenitori, detti reliquiari, delle più svariate tipologie. In un primo tempo, per la pubblica esposizione, le reliquie venivano poste entro Croci o inserite nelle statue o nelle figure dipinte dei Santi.

Le reliquie del legno della Croce venivano poste entro reliquiari a forma di Croce, dette stauroteche. Altra tipologia diffusa era il reliquiario a cassettina, a capsula, a tabella oltre alle più sontuose urne o arche d’argento di squisita fattura artistica.

L’autenticità delle reliquie è sancita dalla relativa documentazione che ne consente l’esposizione al culto per la pubblica venerazione. Tale documentazione è detta, appunto “autentica”.

L’autentica è costituita da un grande foglio dove è impressa a stampa o a china una formula di rito rimasta invariata nel corso dei secoli e con la quale veniva garantita l’originalità della reliquia e l’autorizzazione alla venerazione in cappelle pubbliche o private.

Precisata la complessità del tema delle reliquie, la questione dell’autenticità, le risorse destinate alla costruzione dei sontuosi reliquiari, occorre ricordare il rapporto del popolo con il sacro e la necessità di poter contare su simbologie e memorie concrete per alimentare la propria fede.

Per quanto riguarda Augusta e il suo territorio molti storici hanno tramandato le gesta di tanti martiri cristiani vittime delle persecuzioni degli imperatori Decio e Valeriano. Giovanni Evangelista Di Blasi, Vincenzo Strazzulla, Sebastiano Salomone e non ultimo Mario Mentesana, citando gli Acta Martyrum supra Megaram, hanno restituito alla memoria i santi Cleonico e Stratonico, martirizzati nei pressi della contrada Diavolo d’Opera (Diavolopri).

E’ difficile, ai giorni nostri, riuscire ad immaginare quanti e quali fossero le reliquie che gli antichi augustanesi avevano a disposizione per sostenere, ravvivare, nutrire la propria fede.

Relique_bastone_10Relique_bastone_11Tuttavia, non può certamente passare inosservata una tradizione storicamente radicata e ripresa da Rocco Pirro, che attribuisce a Frate Reginaldo d’Orleans, la fondazione nel 1219 di uno dei più antichi insediamenti domenicani della Sicilia, con il simbolico atto della piantumazione di un bastone sacro, il cipresso dalle virtù taumaturgiche, che avrebbe sacralizzato il nuovo spazio urbano voluto dall’imperatore Federico II di Svevia.

A questo proposito si conservano numerose memorie di cronisti locali, alcuni ritengono addirittura che la presenza domenicana potrebbe risalire ad epoca antecedente alla fondazione della stessa città. Ma la tradizione profondamente viva in Augusta vuole che il cipresso fosse stato la tramutazione del bastone donato da S. Domenico al Beato Reginaldo che gli aveva ordinato “….di fondare un convento in Sicilia….nel luogo in cui avesse visto germogliare il suo bastone” (Giovan Salvo Gervasio, 1636). 

Relique_bastone_12A tal proposito, lo storico Francesco Vita, nel narrare le virtù del cipresso miracoloso, riferisce che “hoggi abbiamo nel mezzo del Chiostro di esso Convento un secco albero di cipresso, piantatolo ivi esso Beato Padre Reginaldo, li cui miracoli per mezzo d’alcune schegge che d’esso prendono i devoti, sono molti in guarire diverse infermitadi, e benché il convento fosse stato bruggiato due volte, e nella seconda volta i Turchi s’habbiano condotte le colonne, et i capitelli del Chiostro, pure questo secco tronco si è conservato illeso ed incorrotto”.

Sul cipresso vi sono inoltre le testimonianze raccolte nel 1604 dalle autorità locali nel quadro di una inchiesta finalizzata ad ufficializzare il culto di S. Domenico in Augusta. Così ad esempio, Vincenzo de Vizio, di anni 50, uno degli amministratori del tempo, nel confermare l’antica tradizione che attribuiva al beato Reginaldo la piantumazione dell’albero miracoloso, riferì che molta gente di Lentini, Melilli, Vizzini, Mineo, Militello ed altri luoghi, lo tiene “in gran venerazione et divoctioni”.

Ciò a causa del fatto che numerosi popolani abbiano tratto particelle dell’albero per farsene corone ritenute miracolose per diverse infermità. La fama di questo albero prodigioso così si è sparsa per il mondo “anzi insino alla città di Veneczia per il trafico che tengono veneziani in detta città con navi che di spesso anno visto, e vidino detto arbore”.

Addirittura la guarigione inspiegabile di un soldato moribondo delle galee di Malta che si riprese dopo aver bevuto dell’acqua mista ad alcune schegge tritate del cipresso, sancì l’aspetto sensazionalistico legato all’albero, attribuendogli le qualità di “reliquia” domenicana.

Ancora nel XX secolo, molti anziani custodivano in casa, tra le immagini sacre, un frammento del cipresso miracoloso, altri ancora avvolgevano una scheggia del santo legno in un pezzo di garza e con uno spillo lo appuntavano agli abiti dei propri cari.

Il forte richiamo alla sacralità delle reliquie non può certamente essere supportato con l’insolita descrizione di un albero e delle sue qualità miracolose, tuttavia, trattandosi di una testimonianza della reale presenza domenicana nella nostra città, non possiamo fare a meno di inserire tale “reliquia” nel contesto di questo studio, del resto, sulle “qualità salutari dell’albero” non possiamo entrare nel merito, in quanto non riteniamo possedere specifiche conoscenze e competenze, occorre però prendere atto di una tradizione che per circa otto secoli è stata mantenuta viva dalla devozione dei nostri Padri. Per tale motivo si è ritenuto farne menzione, consapevoli della validità di questi fenomeni che sono riconducibili alla cosiddetta religiosità popolare che, se ben orientata, può rappresentare una preziosa risorsa per far riscoprire il significato delle più genuine tradizioni del nostro popolo.

Altra consolidata tradizione locale è tutt’ora suggellata nei toponimi S.Elena e S.Croce.

Relique_SCroce_13Relique_SCroce_14Si narra che di ritorno dalla Terrasanta con il prezioso carico delle reliquie della Passione, S.Elena - madre dell’Imperatore Costantino – durante una tempesta trovò riparo nell’antico promontorio Xifonio. Qui fece erigere una cappella dedicata alla S.Croce a ricordo dello scampato pericolo.

Il luogo di culto è stato nel corso dei secoli mantenuto e successivamente dedicato proprio a S.Elena. Annesso alla chiesetta sorse anche eremitorio. L’ultimo eremita, fr. Giuseppe Scarpato, venne a mancare agli inizi del Novecento. Da allora la chiesetta andò in rovina e successivamente trasferita a privati. Il piccolo simulacro a mistura è oggi custodito nella chiesa parrocchiale di S.Giuseppe Innografo.

Relique_SCroce_15La contrada conserva il nome di S.Elena, il promontorio – dove nel corso dell’Ottocento è stato edificato un faro per i naviganti – è stato dedicato alla Santa Croce.

Se i primi cristiani celebravano il sacrificio eucaristico sopra le tombe dei martiri, successivamente, secondo una tradizione tutt’ora viva nella chiesa, furono traslati i corpi dei martiri e dei santi, e le reliquie furono inserite sotto la mensa dell’altare.

Tale norma era applicata con severità in ogni diocesi, gli stessi Vescovi avevano il compito di vigilare sull’osservanza e soprattutto sull’autenticità delle reliquie.

Anche nella nostra Arcidiocesi di Siracusa, che vanta origini apostoliche, furono promossi rigidi controlli per garantire l’autenticità delle reliquie murate sulla mensa eucaristica.

A tal proposito esistono numerose disposizioni vescovili per le verifiche degli altari di tutte le chiese della diocesi, ivi comprese quelle annesse ad edifici conventuali, eremi, oratori, oltre alle cappelle private urbane e rurali. Particolare premura si riscontra a seguito del violento sisma del 1693 con la distruzione parziale o totale degli edifici di culto di buona parte della Val di Noto.

Nel timore di uno sconvolgimento delle regole con la creazione di improvvisate baracche dove si celebrava il sacrificio eucaristico, il Vescovo di Siracusa, emise un apposito editto pubblicato il 17 marzo 1697 ed affisso sul prospetto della Chiesa Madre di Augusta, dove si informava il Clero secolare e regolare che nella festività di S.Giuseppe, nella baracca che fungeva da Cattedrale in Siracusa, avrebbe consacrato un buon numero di are sacre, seu marmorette, per le esigenze di tutte le chiese della diocesi. Tale iniziativa si era resa necessaria in quanto, durante la sacra visita numerosi altari erano stati interdetti alla celebrazione a causa della mancanza di marmorette, distrutte nel sisma o rimaste sepolte tra le macerie delle chiese.

LA LIPSANOTECA DELLA CITTA’ DI AUGUSTA

Iniziamo dunque questo viaggio alla ricerca, all’identificazione della lipsanoteca (dal greco, significa, alla lettera, «custodia di avanzi») della Città di Augusta. Ci piace definirla così. In effetti parlare di raccolta, o “collezione” di reliquie sa di profano.

Una malintesa interpretazione della riforma liturgica ha relegato questo immenso patrimonio nel migliore dei casi negli armadi delle sagrestie, nel peggiore devolute ai mercatini antiquari.

CHIESA MADRE MARIA SS. ASSUNTA (già MADONNA DEI MIRACOLI)

Per una ricostruzione del patrimonio di reliquie acquisito dalla Chiesa Madre di Augusta nel corso dei secoli, non disponendo di ulteriore documentazione, dobbiamo necessariamente far riferimento al periodo successivo al sisma del 1693. Sappiamo infatti che le violente scosse provocarono la dispersione di buona parte delle suppellettili delle nostre chiese. Dalla consultazione delle carte d’archivio si accenna all’autorizzazione concessa dall’Ordinario per l’alienazione di giogali inservibili appartenenti alla Matrice.

Un inventario compilato il 17 luglio 1822 fa riferimento per la prima volta alle reliquie custodite nel massimo tempio cittadino. Ancor più dettagliato l’inventario redatto nel 1846 dove vengono indicate con scrupolosità tutto il patrimonio reliquiario. Dal documento citato si rileva: 

  • Una cassettina con suoi cristalli dove si conservano le Reliquie di S. Flavia m(arti).re con sua autentica.
  • Tre reliquie poste nell’Ostensorio; cioè una della S. Croce; una di M.(ari)a SS.a ed un'altra del Patriarca S. Giuseppe con sue autentiche.
  • Una crocetta di cristallo con entro la Reliquia della S. Croce con sua autentica.
  • Un cassolino bislungo suggellato con reliquie  e sua autentica.
  • Una teca con reliquia di S. Lucia V.M. e S. Rosalia V. con sua autentica.
  • Una teca di argento per filato con reliquia di S. M. Maddalena con sua autentica.
  • Una teca piccola con Reliquia di Santo Mauro Abbate e sua autentica.
  • Una teca piccola con Reliquia de’ Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dal citato documento possiamo ipotizzare l’antichità del culto di alcune reliquie, riferibili alle devozioni praticate nell’antica Chiesa della Madonna dei Miracoli, già demolita nel 1644 per consentire la costruzione della nuova Matrice.

Agli inizi del ‘900, la chiusura al culto di alcuni chiese minori, già edificate da corporazioni e confraternite e la successiva alienazione a privati con la vendita all’incanto degli stessi edifici religiosi, fecero confluire in chiesa Madre buona parte dei semplici arredi, nonché le reliquie in esse custodite. Purtroppo, la possibilità di attribuzione alle chiese di provenienza, delle diverse reliquie e degli stessi reliquiari, si presenta alquanto problematica, in quanto, né i procuratori, né tanto meno i parroci o arcipreti, hanno avuto cura di annotare le nuove acquisizioni distinguendole dal patrimonio esistente, limitandosi ad elencare le spese sostenute per il trasferimento.

Nel 1922, con la definitiva chiusura al culto della già inagibile chiesa di S. Eligio, anche gli arredi di questo sacro edificio furono trasferiti alla Madrice. Proprio in questa chiesa si custodiva un consistente numero di reliquie, come è documentato dalle relazioni delle visite pastorali.

La ricerca archivistica ha solamente messo in luce l’esistenza di una antica reliquia ex Capillis Beatiss. Virg. Maria Matris D.ni N.tri Iesu Christi con autentica del Cardinale Pignatelli e donata alla chiesa di S. Eligio dal N.H. Don Domenico Petrini. Tale reliquia era oggetto di particolare devozione nella ricorrenza della festività di Maria SS. della Provvidenza, venerata nella stessa chiesa.

Poco prima del secondo conflitto mondiale, l’alienazione della chiesa di S. Lorenzo, fece confluire in chiesa Madre la reliquia ex ossibus del santo titolare. Tale reliquia, contenuta in un piccolo medaglione con teca ovale, era abitualmente esposta in un reliquiario ligneo con sovrapposta una sottile lamina dorata, la cui esistenza è documentata in un inventario del 1820.

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Dopo il secondo conflitto mondiale, a seguito della distruzione della chiesa di Gesù e Maria durante il bombardamento del 13 maggio 1943 furono salvati diversi arredi, in quanto custoditi presso l’abitazione del tesoriere della confraternita. Da quanto è stato possibile accertare, potrebbe provenire da questa chiesa un reliquiario antropomorfo a forma di braccio, purtroppo bisognoso di un adeguato intervento di restauro conservativo, privo di reliquia e di qualsiasi identificazione.

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Dalla chiesa di S. Caterina pervenne in Chiesa Madre Un reliquiario d’argento col piede di rame. La notizia si riscontra nell’Inventario dei Beni Mobili di proprietà del Comune esistenti nella Chiesa del Monastero, datato Augusta 17 marzo 1903, stilato in occasione della nomina del Canonico Ciantro Francesco Traina a Rettore della Chiesa. Appare strano che in una chiesa monastica si conservasse solamente un reliquiario. I frati e le suore dell’Ordine, quando emettono la loro professione di voto, come prescrive la regola di S. Benedetto, la fanno non solo davanti a Dio (coram Deo), ma anche davanti a tutti i Santi (Sanctis quorum reliquiae habentur in hoc Monasterio).

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Ben si comprende dunque quale importanza abbiano le reliquie per l’Ordine benedettino, al punto da dedicare ad esse uno spazio loro proprio, cosa che dopo la Controriforma avviene in altre chiese dove però vengono poste in reliquiari che circondano per lo più i Crocifissi, unendo visivamente il Cristo e i martiri della fede cattolica.

Dalla Storia di Augusta di Sebastiano Salomone, apprendiamo che l’elezione del vice rettore D. Domenico Garay il 18 agosto 1894 ad Arciprete Parroco di Maria SS. Assunta, determinò ulteriori iniziative per l’abbellimento del tempio e in particolare: “a meglio decorare la Chiesa fe’ di tutto per aver in dono dal Farmacista signor Grimaldi Salvatore di lui cognato, in apposita custodia, come ricordo, un ricchissimo e numerosissimo avanzo di reliquie di santi”.

La conferma di questa donazione si rileva dal registro degli introiti ed esiti della Chiesa Madre, dove il procuratore si premurò di annotare il 27 dic.(embre) 1900 la spesa di 0.40 lire per trasporto della cassa delle S.te Reliquie che gli eredi del defunto Sac. Grimaldi hanno complimentato alla Madre Chiesa. Dal riferito registro si rileva inoltre l’esito di £. 2, in data 24 febb. 1901 a M.ro Domenico Bittolo per anelli posti nelle Reliquie. Per maggior decoro delle numerose reliquie, l’arciprete affidò a D. Sebastiano Sillato, inteso Dammastianu spicchialeddu la costruzione di una grande teca lignea per la somma complessiva di £. 63,30 mentre per pittura e indoratura della suddetta furono dati a D. Ferdinando Rossi £. 45. Lo stesso Rossi, nel completare la decorazione, riportò a pittura sul fronte della teca, il testo fornito dall’arciprete a ricordo della donazione: SANCTORUM RELIQUIA A SALVATORE GRIMALDI PHARMACOPOLA

DOMENICO GARAY ARCHIPRESBITERO ANNO MCMI DONATA.

La teca, posta nella cappella del Crocifisso, fu collocata a destra guardando l’altare, in simmetria con l’altra già esistente, destinata ad ospitare il simulacro dell’Ecce Homo. 

Agli inizi degli anni settanta del novecento tutte le reliquie della donazione Grimaldi sono state opportunamente ordinate ed esposte in due teche donate dalla locale sezione dell’ordine Equestre del S. Sepolcro. Le teche hanno trovato collocazione presso gli altari del transetto dedicati a S. Pietro e Paolo e al S. Cuore di Gesù. Con questa soluzione è possibile poter identificare le singole reliquie ed apprezzare il lavoro certosino realizzato all’interno di alcuni medaglioni, dove i frammenti ossei sono disposti entro alveoli delimitati da striscioline di carta dai bordi dorati, secondo modalità compositive settecentesche.

Tra tutti emerge un bel reliquiario con una elaborata cornice in legno intagliato e dorato, dove sono inserite numerose reliquie. In merito alle singole reliquie non ritengo opportuno soffermarmi nel lungo e corposo elenco dei santi e martiri di tutti i tempi ivi custoditi.

Diciamo semplicemente che si riscontrano reliquie che hanno molta attinenza con le devozioni praticate in Chiesa Madre nel corso dei tempi: da S. Menna (il Santo dei pellegrini, già venerato nell’altare di S. Lucia e S. Emidio) a S. Antonio da Padova (un antico simulacro è oggetto di devoto culto sin dagli inizi del ‘600), come pure S. Mauro Abate, S. Lucia, S. Rosalia, S. Francesco Saverio, S. Ignazio di Loyola. Vi sono pure reliquie mariane, della passione, oltre a frammenti ossei dei Santi martiri Gaudioso, Desiderio, Benigno, Urbano.

Infine, pur essendo relativamente recente si ritiene tuttavia opportuno ricordare la cerimonia di consacrazione del nuovo altare maggiore celebrata il 30 settembre 1972 con l’intervento dell’Arcivescovo Mons. Giuseppe Bonfiglioli. In questa circostanza furono deposte e murate nella nuova mensa eucaristica le reliquie dei Santi Martiri Clemente, Letanzia e Venusta, prelevate dal Sacrario diocesano dall’arciprete del tempo Mons. Alfredo Garsia. La cronaca dell’avvenimento -   redatta dall’ stesso arciprete – si conserva nell’archivio della chiesa Madre.

CHIESA DI S. SEBASTIANO

Relique_SSebastiano_01La chiesa di S. Sebastiano, compatrono e protettore della città, custodisce ab immemorabili  una reliquia del Santo titolare inserita in un reliquiario d’argento. Tale reliquia è censita nell’Inventario redatto il giorno 11 maggio 1831 in occasione della presa di possesso di Vicerettore in persona del Sac. D. Sebastiano Pignato. In questo documento, si fa riferimento all’Argento appartenente al Simulacro di S. Sebastiano Martire e, in particolare, “un reliquiario per il petto del S.Martire, più due reliquiari, più un ostensorio per le reliquie”.

CHIESA E CONVENTO DI S. DOMENICO (Predicatori)

La più antica testimonianza circa le reliquie custodite nella Chiesa del Convento di S. Domenico si rileva dall’Inesto Istorico della città di Augusta pubblicato a Venezia nel 1653 dallo storico augustanese Francesco Vita.

Dalla citata opera apprendiamo che “In detto Convento (n.d.a. di S. Domenico) abbiamo diverse Reliquie di Santi, e tra quelli un dito di S. Biagio Vescovo, e Martire, frammenti di S. Tommaso Diacono, quelli delli tre mila Martiri, dell’undicimila Vergini, del glorioso Patriarca S. Domenico, della vesta di S. Vincenzo Ferriere, dell’Abito del Beato Ludovico Beltran, dell’ossa delli Socii di S. Placido Martire, un dente molare di S. Martino Confessore, quali tutti portò in detto Convento il Padre Fra Gioansalvo Cervaso Calabrese figlio di questo nostro Convento, Padre di tali virtù, che più anni commorò nella Città di Costantinopoli per confermare nella Santa fede quei poveri schiavi Cristiani, che ivi erano cattivi, questo giammai vacò dall’Orazioni, e non lasciò giorno alcuno il cilicio; se ne volò al Cielo, come si deve credere, il dì 18 Gennaro 1638. e fu onorevolmente sepolto nella Chiesa di detto Convento; L’Abbate Pirro molto lo loda.

Il Vita, interprete della cultura del suo tempo, ci offre una accurata descrizione del patrimonio reliquiario della Chiesa del S. Patrono. Sappiamo infatti che il clima municipalistico che si respirava nel XVIII secolo favorì la pubblicazione di molte opere di storia locale dove le reliquie avevano una precisa connotazione. Molti dotti storici siciliani, siano essi laici o religiosi, si sono premurati di annotare le reliquie custodite nei conventi per tramandarle ai posteri come valori preziosi, ritenendole non solo tesoro di una comunità religiosa ma anche come bene inalienabile della comunità civica.

La descrizione delle reliquie continua proprio con questo riferimento:  “Ultimamente è venuta da Roma una Reliquia del nostro S. Padrono, quale si è innestata in un braccio d’argento, che nella mano tiene una spada sorbita, geroglifico dell’avvenuto Miracolo, quale precede la Sacra Statua nella festa sollenne di 24. di Maggio, & è una particella dell’abito di detto Santo”. Con l’arrivo di questo reliquiario, realizzato da abili cesellatori a Messina nel 1651, anche il cerimoniale della festa ebbe una innovazione in quanto alla tradizionale processione del 24 maggio, giorno in cui la città ricorda la liberazione dai turchi per intercessione del Santo, si inserì il corteo dei chierici che scortava la reliquia condotta sotto un serico baldacchino.

Al patrimonio reliquiario della Chiesa di S. Domenico appartiene anche il simulacro del Santo Patrono. All’interno della statua sono infatti custodite numerose reliquie dei santi martiri Zenobio, Lupo, Vittorio, Simplicio, Reparata, Romano, Giusto, Rogato, Restituto, Severo, Severina e Lorenzo unitamente a due “Agnus Dei” datati 1700 e 1701. Gli Agnus Dei sono dei medaglioni ovali, fatti dai monaci cistercensi di S. Croce in Gerusalemme di Roma con la cera del cero pasquale della Cappella Sistina in Vaticano e delle altre Basiliche di Roma.

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Circa le motivazioni che in passato hanno determinato l’immissione delle reliquie all’interno del simulacro, unitamente ai due Agnus Dei, possiamo ritenere che si sia trattato di una finalità mirata a rendere più taumaturgica la statua del Patrono. La genuina fede e la devozione dei nostri antenati ha pertanto voluto preservare e sacralizzare il simulacro del S. Patrono per rendere più efficace l’azione protettrice di S. Domenico nei confronti della sua Augusta.

CHIESA E CONVENTO DI MARIA SS. DEL CARMINE (Carmelitani)

Particolarmente numerose sono le reliquie custodite ancora oggi nella chiesa dei padri Carmelitani. La più antica reliquia risale al XVI secolo, epoca della fondazione del Convento di Augusta ad opera del Padre Vincenzo Mancarella da Lentini. Trattasi di una reliquia ex ossibus di S. Alberto carmelitano, trasferita nel Convento di Augusta a seguito dell’autorizzazione datata 1 luglio 1579.

Da una trascrizione rinvenuta nel fondo Blasco, desunta da documenti custoditi nell’Archivio Storico Comunale, si ha notizia che nel libro dei Privilegi della Città di Augusta, al foglio 122 vi è “Copia di lettere seu licenza di potersi trasportare dalla Città di Messina nel Ven.le Convento di questa Città, una Reliquia d’un pezzo d’osso del braccio di S. Alberto autenticata come nel primo libro de’ privilegi”. Tale reliquia è ancora oggi incastonata in un reliquiario antropomorfo d’argento, a forma di dito, esposto al culto in occasione della festa liturgica del santo. Di tale reliquiario abbiamo trovato riferimento al nono punto di un inventario redatto dal Ricevitore del Registro (a seguito della legge di soppressione del 1866) dove si legge: “Un dito di argento con la reliquia di S. Alberto”.

Il citato documento, nel minuzioso elenco di tutti gli arredi sacri appartenenti alla chiesa della Madonna del Carmine, indica inoltre:“una collezione di reliquie di vari Santi n° 9” unitamente ad “Un reliquiario col piede d’argento attaccato al legno” destinato ad ospitare la reliquia di S.Biagio e a partire dal dopoguerra, anche quella di S.Rita. Nessun riferimento è stato invece rinvenuto in merito ad un antico reliquiario in legno, con lamina sovrapposta, custodito ai giorni nostri nel tesoro della chiesa. 

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Vi sono poi diverse reliquie di S. Rita da Cascia, dell’ordine degli agostiniani, il cui culto è stato introdotto al Carmine a partire dal 1945. Una di queste reliquie viene abitualmente esposta al culto in occasione della pia pratica dei giovedì di S. Rita. Il 22 maggio, festa liturgica della Santa, la reliquia viene portata in processione nella piazza antistante la chiesa, unitamente al simulacro risalente al 1948. Durante la breve funzione liturgica vengono benedette le rose e le autovetture convenute. Tra le reliquie di antica datazione occorre ricordare quella di S. Biagio, custodita in un medaglione con vetro anteriore.

CHIESA DI S. GIUSEPPE (Confraternita dei Mastri d’ascia)

Relique_SGiuseppe_01Relique_SGiuseppe_02La chiesa custodisce una insolita reliquia del Santo titolare dove, sulla strisciolina di carta incollata all’interno del medaglione, si legge: “de baro Joseph”, ma forse potrebbe essere de baculo. Tale reliquia, priva di autentica, è inserita in un bel reliquiario d’argento di probabile fattura settecentesca.

CHIESA DI S. NICOLO’ DELLE ANIME DEL PURGATORIO (Confraternita dei Bianchi)

Per antica tradizione, uno dei culti praticati in questa chiesa era quello di S. Gaetano, padre della Provvidenza, venerato nell’altare di sinistra. La devozione si esprimeva con particolari funzioni quali “i primi mercoledì del mese”, la “pia pratica dei nove mercoledì” e la novena in onore del Santo. In occasione di tali funzioni una reliquia del Santo veniva esposta alla venerazione dei fedeli in un apposito reliquiario. Ai giorni nostri non abbiamo rinvenuto tale reliquia.

Si conserva invece una reliquia mariana, purtroppo non identificabile a causa del deterioramento della strisciolina di carta, dove si legge solamente B.M.V. (Beata.Maria.Vergine). Tale reliquia è custodita in un reliquiario d’argento sbalzato e cesellato, con bulla di Messina e le iniziali: P.L. – M.O. 74. L’autentica non è stata rinvenuta.

Si conserva altresì un insolito reliquiario, forse adattato allo scopo, che custodisce una reliquia della S.Croce. Alla base è riscontrabile uno stemma araldico che non è stato ancora oggetto di studio.

CHIESA DI S. ANDREA (Confraternita dei pescatori sardari)

I pescatori di sarde da sempre hanno avuto un rapporto privilegiato con la città. Numerose offerte in denaro, il dono di arredi sacri per le nostre chiese, la partecipazione attiva alle varie ufficiature, sono la concreta testimonianza della loro autentica devozione. La loro chiesa, più volte ricostruita con le loro risorse e particolarmente ricca di opere d’arte, custodiva diverse reliquie tra cui quella del Santo titolare, oltre ad un bel reliquiario in argento. Purtroppo, a seguito del bombardamento del 13 maggio 1943 molti arredi sono andati dispersi. Più volte, in occasione della Visite Pastorali del 1950 e 1955, Mons. Baranzini aveva decretato il recupero degli oggetti ancora in possesso del confrate-sacrista. Nei Decreti datati 24 aprile 1955 il Vescovo prescrisse “per la Chiesa di S. Andrea si curi la riconsegna di tutti gli oggetti di argento in possesso del sacrista, se questa non fu curata come era prescritta nel decreti della IV Visita Pastorale del 1950”. Dalle indagini esperite risulta documentata la consegna alla chiesa di diversi oggetti e, in particolare di un “Reliquiario piccolo in argento senza reliquia”.   

CHIESA DI MARIA SS. DEL SOCCORSO (Confraternita dei macellai e tavernari)

Nel 1902, l’antica chiesa del Soccorso fu affidata ai Cappuccini per costruirvi accanto il loro nuovo convento. Dal verbale di consegna della Chiesa e degli arredi sacri in essa esistenti, redatto il 14 gennaio 1903, si rileva l’esistenza di “N° 1 Reliquiario d’argento, idem di ottone, idem di legno”.

Al Soccorso confluirono anche le reliquie provenienti dall’antica chiesa della Madonna degli Angeli e S.Francesco che fu successivamente demolita nel 1933 per consentire la costruzione del plesso scolastico. E’ stato possibile documentare, grazie ad un inventario redatto il 28 luglio 1924 l’esistenza (nell’antica chiesa) di n° 6 reliquie di diversi Santi oltre a n° 2 reliquiari d’argento senza piede.

CHIESA DELL’EREMO DI MARIA SS. ADONAI

L’esistenza di reliquie presso la Chiesa-Santuario di Maria SS. Adonai è attestata dalla “Regola o Istruzione Cenobitica, Volontaria, per gli eremiti del Venerabile Eremo di Sancta Maria Adonai compilata dagli stessi per uso di loro, e dei posteriori Fratelli, a vista la Regola del Patriarca San Benedetto riformatore della vita Monastica in occidente, le Autorità delle scritture Sacre e le leggi d’istruzione di Pubblica Beneficenza per il politico regolamento. L’anno 1842, il 12 Aprile compilata”. Nel citato documento, all’art. 19 sono indicate le dieci Novene che dovevano celebrarsi in onore della Vergine con l’esposizione di una Reliquia della Madonna.

Oltre alla reliquia della Madonna il Santuario custodiva altre reliquie che, purtroppo, sono andate disperse nel corso dei tempi, altre ancora sono state trasferite nella chiesa parrocchiale di Brucoli.

Dopo il 1839, in occasione del generale restauro della chiesa e dei locali annessi, oltre alle generose donazioni in denaro per i fabbisogni dell’eremo, il Dottor D. Salvatore Garilli vi fondò una cappellania e donò un bel reliquiario d’argento e una Reliquia della B.V.M..

CHIESA DI S. NICOLA (BRUCOLI)

Nella ricorrenza del primo centenario dell’apertura al culto della chiesa (1882-1982) la parrocchia ha promosso un ricco calendario di celebrazioni. Particolarmente suggestivo l’arrivo via mare di una reliquia del Santo donata alla comunità dei pescatori di Brucoli dai padri del Santuario-Basilica di Bari dove è custodito il corpo di S. Nicola. Tale reliquia è stata inserita in un reliquiario di metallo dorato e condotta in processione per le vie del borgo in occasione della festa biennale del Santo Patrono.

CHIESA DEL S. CUORE DI GESU’

Tra gli arredi del tempio si conservano: una stauroteca in metallo dorato con la reliquia della Croce con sua autentica; Un reliquiario in metallo con la reliquia di S.Maria Goretti; un braccio in argento dorato con la reliquia di S.Biagio.

RELIQUIE DI CAPPELLE PRIVATE

Una menzione meritano anche le reliquie custodite e venerate in Oratori, cappelle, palazzi gentilizi o più semplicemente da privati

RELIQUIE DI CASA OMODEI MIGNECO

Numerose le reliquie custodite in Casa Migneco-Omodei anche in virtù della tradizione di questo casato. Basti pensare agli uomini e le donne di Casa Omodei: l’Abate Omodei, l’Arciprete Omodei, le Monache benedettine. Per la cortesia delle signorine Omodei-Migneco ho potuto documentare le diverse teche reliquiarie, le attestazioni di autenticità nonché il reliquiario in legno con lamina applicata contenente la teca con la reliquia di S.Biagio.

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RELIQUIE DI CASA OMODEI

Abbiamo conferma dell’esistenza, presso la cappella di Casa Omodei, ubicata in via Garibaldi, della reliquia ex ossibus di S. Gioacchino. Tale reliquia era inserita in un reliquiario di lamina metallica ed esposta stabilmente nella cappella di famiglia. Recentemente, reliquia e reliquiario sono stati donati dagli Omodei per far parte integrante degli arredi destinati al culto di S. Elena venerata presso il Faro S. Croce. Nell’ambito del rinnovato culto a S.Elena, la postulazione Generale ha inviato una reliquia con autentica datata 14 dicembre 1999 a firma del padre Domenicano Innocenzo Venchi.

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RELIQUIE DI CASA ROGGIO

Reliquia ex ossibus di S. Domenico, patrono della città, custodita in Casa Roggio con sua autentica.

RELIQUIE DEL PARROCO DAVIDE DI MARE

Reliquiario monumentale in argento contenente la reliquia di S.Rita.

IL MISTERO DELLA RELIQUIA DI SANTA FLAVIA

Dal “Registro di tutti l’Atti della Corte Vicariale della Città d’Agusta che principia dal mese Gennaio 1734” si rileva un documento datato 20 dicembre 1744 relativo ad una reliquia ex ossibus del Sagro Corpo di Santa Flavia Vergine e Martire, estratta dal cimitero cristiano di Priscilla in Roma e portata in Augusta dal Can. Parroco D. Mario Moreno.

La catacomba di Priscilla, conosciuta in tutti i documenti topografici e liturgici antichi, si apre sulla via Salaria, a Roma, con ingresso presso il monastero delle Suore Benedettine di Priscilla. Per la sepoltura di numerosi martiri questa catacomba era denominata nell'antichità "la Regina delle catacombe".

Di questa reliquia ho rinvenuto nell’Archivio Blasco una trascrizione, desunta dagli Annali di Siracusa scritti dal Conte della Torre Cesare Gaetani. Nel volume III a pag. 113 dei citati Annali si rileva:

L’anno appresso (1759) Mons. Requisens Vescovo di Siracusa, dopo d’essersi trattenuto qualche tempo nella visita della Diocesi, portossi seriamente in Augusta per tenere al sacro fonte un bambino del Colonnello Cortada, Maggiore allora di quella Piazza, poi Tenente del Re della medesima, per procura avutane dall’Ecc.mo Cardinale Alessandro Albani.

In tal congiuntura io mi trovai in Augusta, ed ebbi il piacere di adorare il corpicino della martire Santa Flavia che estratto dai Cimiteri di Roma era stato donato a quella Chiesa Madre coll’istesso vasetto di sangue, e tavoletta sepolcrale alla riferita martire attinente. Questa erane la iscrizione:

Flavie Virginis Benemerenti Urbanus posuit

Nulla ci è dato sapere di questa reliquia del Corpo di S.Flavia. Il mistero delle reliquie continua anche attraverso la scomparsa di questo prezioso dono fatto alla Chiesa Madre di Augusta. Sarebbe stato l’unico corpo Santo custodito nella nostra città.

Perché è stato rimosso. Perché sottratto dalla venerazione dei fedeli ?

CONCLUSIONI

Con questo primo censimento della lipsanoteca di Augusta, abbiamo tentato di far luce su un argomento che non può considerarsi affatto esaustivo ma merita certamente di essere ulteriormente approfondito ed integrato. Tanto c’è ancora da indagare, rilevare, catalogare, fotografare per inserire questo vasto patrimonio nel contesto del più vasto campo dei beni culturali della Chiesa.

La civiltà di una comunità si misura non solo dalla capacità di produrre beni culturali, ma anche dall’intelligenza nel provvedere alla loro conservazione e fruizione. In quest’ottica il patrimonio delle reliquie custodite in ogni singola realtà ecclesiale, così come ogni oggetto creato dalla Chiesa, per la Chiesa, nella Chiesa, non è solo una raccolta di manufatti preziosi, bensì un originale patrimonio di cui essere profondamente consapevoli, uno strumento inedito di educazione religiosa e culturale.

La visione di questi manufatti ci aiuta a conoscere anche le comunità che li posseggono. Dicono la storia di un luogo, del passato di comunità che gelosamente hanno custodito questi oggetti nei loro sacrari, per offrirli con grande rispetto alla venerazione di quanti si riconoscono nei santi.

Il mistero non deve e non può essere svelato. A me piace concludere questo nostro incontro parlando della bellezza delle opere d’arte che abbiamo presentato. Perché in fondo, prendendo a prestito una bella citazione dello scrittore Hermann Hesse nel suo saggio su Klein e Wagner: Arte significa: “Dentro ogni cosa mostrare Dio” e questa sera spero di essere riuscito a mostrarvi la bellezza di Dio. 

RINGRAZIAMENTI

Colgo l’occasione per ringraziare l’Assessorato regionale ai Beni Culturali ed Ambientali e Pubblica Istruzione, Direzione BB.CC.AA. Patrimonio librario ed archivistico per il dono delle preziose pubblicazioni.

I parroci, i rettori, gli assistenti spirituali, i Governatori delle Confraternite della Città.

Un grato pensiero a Mons. Matteo Pino. Il lavoro di catalogazione ebbe inizio proprio nei primi anni novanta quando era parroco della Chiesa Madre e Arciprete di Augusta. In quella circostanza ebbi modo di conoscere l’Archivio della Curia Vicariale che non era mai stato oggetto di consultazione e ricerca.

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Giuseppe Carrabino. (vedi altri incontri di G. Carrabino)


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