Antologia di pensieri e ricordi in prosa
Questa rubrica raccoglie gli scritti di prosa ricordi o racconti dei soci-alunni dell'Unitre.
28 Dicembre 2015
Come da tradizione ogni anno mi accingo, collaborato dai miei nipotini Andrea e Stefano e da mia moglie Rosaria, a costruire il Presepe. Ad un certo punto, mi accorgo che quest’anno il nostro Presepe è ancora vuoto.
C’è il paesaggio, il cielo, la grotta della natività e nient’altro. Non è esattamente vuoto, più che altro è spoglio.
Non ci sono i pastori, le pecorelle e gli angeli. Solo un paesaggio e una grotta con all’interno un bambino con la sua mamma e il suo papà. Un vuoto da riempire: troppo silenzio, troppa solitudine. Non ho più pastori, li ho forse smarriti o si sono rotti?
E allora devo colmare questo vuoto, questa solitudine, devo acquistare nuovi pastori, devo scegliere chi mettere nel mio Presepe, davanti a quella grotta, in cammino verso quel bambino.
Mi piacerebbe scegliere questi personaggi, in un modo o nell’altro somigliante a quel bambino, che avessero il suo volto, ma forse è un’impresa ardua da realizzare.
Esterno questo mia volontà ai miei nipotini e a mia moglie, che accolgono con entusiasmo la mia proposta.
Comunque ci proviamo, incominciamo a scegliere i volti somiglianti al bambino della grotta, volti che hanno fatto del bene, che hanno sete di giustizia e di verità, volti nudi, volti di chi ha perso il lavoro, volti sofferenti ed ammalati, volti di carcerati, volti di chi è solo, volti di chi è emarginato ed abbandonato dalla Società, volti di quei profughi che rischiando la vita, scappano dalla loro terra per la guerra, volti colmi di misericordia.
I volti dei potenti no, non c’è posto per loro nel nostro Presepe: volti sicuri, forti, vincenti, egoisti, presuntuosi, arroganti, ricchi di denaro e poveri di cuore, anche perché difficilmente si metterebbero in cammino.
Dopo aver selezionato ed acquistato i pastori, incominciamo a comporre il Presepe.
Ci mettiamo quel volto che ha fame, il volto di Giovanni, di Marco, di Carmelo, di Salvatore, di Alessandro, di Vincenzo, papà che hanno perso il lavoro, che portano per la mano i propri figli da sfamare, da mandare a scuola, da vestire, sono in cammino verso quella grotta con all’interno il bambino, appena nato che piange per la fame, con accanto il suo papà e la sua mamma, che deve dare a lui da mangiare.
Ci mettiamo il volto di chi ha sete, di tutti quei bambini Etiopi, Libici, Ugandesi, Somali, Eritrei, Siriani, Iraniani, che tutti i giorni fanno tanti chilometri a piedi, portando taniche di acqua, in strade polverose, anche loro in cammino verso quel bambino dando a lui quell’acqua viva che smorza la sete e fa asciugare le sue lacrime.
Ci mettiamo quel volto nudo di tutte quelle donne che vendono il loro corpo che non appartiene più a loro, donne nude dalla propria dignità di madre, della propria libertà, nude per il piacere e il guadagno di uomini senza scrupoli.
Abbiamo deciso di collocare queste donne nel nostro Presepe in una strada migliore, che li porti a ritrovare se stesse e la propria famiglia.
Mettiamo nel Presepe il volto del forestiero lontano dalla sua terra, dalla sua casa e dall’affetto della sua famiglia. Nel nostro Presepe ci mettiamo il volto del disabile, che seduto sulla carrozzina viene spinto da Domenico, che dedica il suo tempo con amore agli altri, si spingono a vicenda verso la grotta, per raggiungere lo sguardo di quel bambino, per poi abbandonarsi tra le sue braccia.
Ci mettiamo il volto di tutti quei ragazzi che hanno una condanna da scontare, che cercano in quella grotta una via di riabilitazione, per sentirsi ancora liberi, ancora vivi e che cercano in quel bambino il perdono.
Ci mettiamo il volto di tutte quelle persone, che ammalati e sofferenti, con la fede in Dio trovano la forza per combattere il male del cancro. Io i miei nipotini e mia moglie Rosaria guardiamo il nostro Presepe ora, con entusiasmo e soddisfazione.
Ci accorgiamo comunque che ancora manca qualcosa: gli Angeli, un Presepe non può essere privo di Angeli. Decidiamo di mettere Angeli veri: quelli che danno da mangiare e da bere, quelli che lottano per la libertà e i diritti dell’uomo.
I volontari che curano le mense dei poveri, tutti quelli del buon Samaritano, della Caritas e della Misericordia della nostra Città, quelli che si battano per la pace e la fratellanza dei popoli, tutti quelli che vanno nelle strade per portare da mangiare e da vestire i poveri, quelli che non scendono a compromessi, tutti quelli che portano la parola e la misericordia di Dio.
Ecco il nostro Presepe è si popolato. Pensavamo non ci fosse nessuno. Guardo con affetto e benevolenza i miei nipotini e, guardando il volto del bambinello gli chiedo con tutto il mio cuore di proteggerli.
Cari amici dell’Unitre vi auguro con tutto il cuore un Santo Natale e un Felice Anno Nuovo, a voi tutti e alle vostre famiglie.
Vi auguro e mi auguro che possiamo comprendere che il Natale non è un punto di arrivo, ma di partenza.
Tutti noi dobbiamo prendere coscienza con lucidità e con determinata volontà di capire che da Natale non si arriva, dal Natale si parte, tutto dovrebbe cominciare da lì, conta il giorno dopo Natale.
Gesù è venuto non perché tutto restasse come prima, ma perché cambiasse la vita di tutti. Natale è qualcosa di nuovo che nasce nel nostro cuore per riflettere che le barriere più difficili da abbattere sono quelli della nostra mentalità, della mentalità di non dover affrontare i problemi, nel non voler dedicarsi ad aprire, ad accogliere e contribuire, nel nostro piccolo, a far nascere un mondo nuovo.
Carmelo Addia
Commenti
Rileggerlo ora, nella quiete della propria casa, si apprezza ancora di più la sesibilità d'animo e la capacità di commuovere descrivendo il mondo che ci circonda. Nello stesso tempo emerge tutta la speranza che deve albergare nell'animo umano. La speranza è un paradiso dal quale nessuno ci potrà mai cacciare. Bravo Carmelo.....non solo ottimo corista.....