14 Aprile 2012
Pubblichiamo la relazione, del Dott. Francesco Cannavà dal tema “L'Uomo nella quotidianità: desideri, aspirazioni, frustrazioni, gioie, sofferenze fisiche e morali”, tenuta al terzo incontro a tavola rotonda, avvenuta il 29 marzo 2012 presso l'aula magna del 2° istituto A. Ruitz.
Nel proseguire il nostro viaggio nell’universo “uomo”, affrontiamo quello scatto evolutivo tipico della nostra specie, in cui dai meri bisogni di sopravvivenza e autoconservazione della specie, l’animale umano si è elevato attraverso spinte che hanno una connotazione decisamente cognitiva: desideri e aspirazioni.
Il quotidiano, quindi non è più fatto di caccia, ricerca, riparo, procreazione, bensì di ambizioni e progetti propri dei diversi contesti in cui l’individuo nasce e cresce.
L’evoluzione dell’uomo consente oggi all’individuo sociale di trovare ripari resistenti e tecnologici, il cibo è procacciato al supermercato in comode vaschette incelofanate, pronto in pochi minuti di microonde, le distanze sono agevolate da mezzi meccanici più o mino veloci e comodi e il “clan” si tiene in contatto anche a distanza via cellulare. I bisogni primari quindi hanno oggi facile appagamento. Ciò lascia spazio ai desideri e alle aspirazioni, che considerato l’aspetto routinario con cui le necessità primarie vengono appagate diventano essi stessi necessità, non più individuali, ma sociali.
Già etimologicamente desiderio e aspirazione, richiamano il vissuto emotivo che li accompagna: il “tendere verso” con l’animo incerto di chi nel passato non aveva le stelle ad illuminargli il cammino o a mostrare gli auspici. Il desiderio nella società contemporanea subentra quando il bisogno è appagato, consentendo all’individuo di mirare a obbiettivi diversi dal mero sopravvivere, verso mete sociali ed esistenziali.
Facendo due passi nella storia, il desiderare era per Schopenhauer motivo di frustrazione, giacché appagato ne determinava comunque un altro, senza che la soddisfazione avesse mai capacità di appagare del tutto l’animo umano, gettandolo così in una perenne e faticosamente futile ricerca di appagamento, destinata solo a generare frustrazione. La soluzione proposte era quindi desistere dal desiderare…
Oscar Wild invece diceva che “viviamo in un’epoca in cui il superfluo è l’unica nostra necessità”. Attaccando il consumismo dell’era industrializzata. E spronava al godimento del momento nella sua forma più culturalmente e intellettivamente evoluta.
Se inseguire un desiderio genera frustrazione qualora questo non fosse realizzabile, sul versante opposto il raggiungimento di un’aspirazione dovrebbe determinare di contro la tanta agognata gioia!
Sempre più spesso però l’odierno cittadino raggiunto il proprio obbiettivo non trova in sé quel sentimento rinfrancante ed euforizzante che si aspettava, interrogandosi sul perché di tale ammanco esistenziale. È qui che interviene la psicologia, nel porre all’individuo turbato e frustrato il quesito: qual è l’obbiettivo che si sta inseguendo? di chi è realmente il desiderio? dove ci dovrebbe condurre?
Quante lauree prese per le aspettative di un genitore?! Quanti matrimoni per il progetto di affettuosi partner bisognosi di conferme?! Quante auto troppo costose?! E case troppo grandi?!
Talvolta si è portati a desiderare quello che “tutti” desiderano in automatico, mettendo in campo sforzi superiori alle nostre possibilità per ritrovarsi a chiedersi: ma perché mi serviva proprio questo articolo?
Quanto stress dietro mete lontane e ardue, soprattutto se distanti da noi, dalla nostra natura dal nostro essere più intimo…
Dietro a tutto ciò c’è spesso, soprattutto in età giovanile, quella più esposta al rischio di stress e depressione, il bisogno di appartenere ad un gruppo, che si contraddistingue anche per quello che desidera, che insegue. Un bisogno (primario) di omologarsi per non restare soli e diversi.
La felicità, quella raggiungibile è nascosta nell’autostima, cioè nell’obbiettiva consapevolezza e valutazione di sé, che può guidare l’individuo alla ricerca di quei desideri e quegli obbiettivi strettamente personali, connessi alle peculiarità del proprio essere e al proprio concetto di vita.
Fintanto che saremo comodamente invitati a desiderare dalla nostra ammaliatrice società consumistica, il superfluo continuerà a presentarsi ai nostri occhi insicuri e incantati come necessario e la speranza di gioia legata all’appagamento si presenterà con l’amaro sapore della frustrazione.
Il miglior investimento per assaporare la gioia è affrontare lo sforzo e il sacrificio solo per quelle mete che nella nostra vita portino uno sviluppo personale ed emotivo nella direzione che abbiamo scelto. In quel contesto che si contraddistingue per l’affinità a quelle qualità personali che dobbiamo riscoprire, accettare e rispettare in virtù dell’unicità di ogni individuo sul pianeta. Forse così anche la società comincerà ad assomigliare all’individuo e non l’individuo alla società.
Bisogna saper desiderare a televisione spenta! Chiedendosi onestamente che miglioria esistenziale l’obbiettivo prefissatoci potrebbe apportare. Potremmo scoprire, in un periodo di crisi economica, che molti desideri non costano nulla e donano tanta felicità.
Francesco Cannavà