16 Marzo 2013
Per il progetto "Valorizzazione tesi di laurea", pubblichiamo un sunto della presentazione, della sua tesi di laurea dal tema: Cenni storici su Brucoli e Gisira, che la Dott.ssa Elena Piccolo ha tenuto giorno 4 marzo 2013.
Il piccolo borgo di Brucoli sorge su una penisoletta che si protende sul mare per circa 550 m in direzione N-S. L’estremità settentrionale è dominata dall’imponente mole di un castello quattrocentesco e da un piccolo Faro.
La sponda occidentale della penisoletta è lambita dalle acque del torrente Porcària che, in prossimità della foce, è conosciuto con il nome di Canale di Brucoli.
Il pianoro della Gisira si eleva invece sull’opposta sponda del Canale; esso è, dal punto di vista geologico, una formazione calcarea, caratterizzata da una roccia molto tenera, facilmente lavorabile e soggetta all’azione erosiva del mare.
Tale azione nel tempo ha dato origine alle numerosissime grotte del Canale che, opportunamente ampliate dall’uomo, sono state abitate ed hanno offerto un rifugio fino ai tempi recentissimi della guerra.
Il termine Gisira deriva dall’arabo “al jazeera” e significa isola. Il toponimo si spiega alla luce del fatto che il pianoro è quasi del tutto circondato e delimitato dalle acque del fiume Porcària e del mare, ed “unito” alla terraferma da appena 400 m di terra a S-O, nei pressi di Arcile.
La presenza del fiume è sempre stata un elemento caratterizzante del territorio ed ha determinato una continuità abitativa che è documentabile dal Neolitico sino alle soglie del Medioevo.
Questo, oltre che una riserva idrica inesauribile, ha infatti costituito un’importante via di comunicazione verso l’entroterra, un approdo sicuro per le imbarcazioni ed un rifugio per quelle comunità che ne abitarono le grotte.
La sua importanza è tradita anche dal gran numero di fonti che di questo modesto fiume parlano (modesto solo per portata), essendo il suo nome strettamente collegato alle vicende della cosiddetta colonizzazione greca delle coste siciliane.
Diversi studiosi hanno infatti identificato il torrente Porcària con l’antico Pantàkyas, nei pressi del quale la spedizione condotta da Lamis era approdata e si era rifugiata prima della fondazione della nuova città di Megara.
Di questa stazione, detta Trotilon, non è stata rinvenuta tuttavia alcuna evidenza ed allo stato attuale la ricerca archeologica non è in grado di dirimere l’annosa questione.Tra le numerose evidenze archeologiche che interessano invece il territorio, ricordiamo i villaggi neolitici, dei quali sono ancora visibili le buche per l’inserimento dei pali delle capanne.
Questi sono meglio visibili nelle zone in cui il banco roccioso si presenta scoperto, privo del sottilissimo manto che normalmente lo ricopre per azione del dilavamento.
Sono stati identificati tre differenti villaggi: quello di Brucoli in prossimità della foce del Canale; in località Banco sul pianoro della Gisira ed ancora presso Punta Bonico, non distante da una sorgene d’acqua dolce che sgorga da una fenditura della roccia.
Due grandi capanne, le cui buche per i pali definiscono un perimetro rettangolare di grandi dimensioni, sono databili ad una fase transitoria tra tardo Neolitico e prima età del Rame.
L’età del Bronzo è soprattutto testimoniata da una necropoli di tombe a grotticella artificiale ubicata nella balza rocciosa in prossimità del fiume. Un’unica tomba a tholos, realizzata modificando una più antica tomba castellucciana, testimonia l’influenza di genti provenienti da area egea che nella vicina thapsos avevano trovato un importante emporio.
Ad età bizantina è da riferire il villaggio rupestre del basso corso del Porcària. A quel tempo vari fattori concorsero a rendere meno sicure le città costiere, accentuando il fenomeno della ruralizzazione.
Con l’inizio delle incursioni arabe, in tutta la zona iblea sorsero piccoli abitati simili lungo le pareti delle cave.
Le grotte sono spesso collegate tra loro da passaggi e scalette ricavate nella roccia o fatte di materiali deperibili, come anche i sistemi di chiusura delle stesse.
Canalette, fori, nicchie lasciano immaginare l’articolarsi della vita al loro interno. In una di esse, sulla sponda destra del canale, si possono ancora oggi notare tracce riferibili al culto, quali numerose incisioni di croci ed un’iscrizione.
Le ampie grotte più prossime alla foce, più esposte all’azione dei venti e dunque inadatte alla vita, avevano invece un uso funerario.
Non lontano, presso un’altra fenditura del calcare che crea una cava di piccole dimensioni sono situate le Grotte del Greco, la più importante e conosciuta delle quali ospita un piccolo santuario rupestre dedicato alla Vergine e noto col nome di Mater Adonai.
Alla piccola grotta, oggetto di leggende e racconti agiografici, è stato annesso un avancorpo in muratura non più antico del XVIII secolo, per meglio poter contenere i fedeli.
Sull’antichità del culto insistono le tradizioni locali, ma lo studioso Giuseppe Agnello pone la grotta in rapporto con l’esistenza di qualche modesta comunità fiorita in età bizantina, tuttavia è costretto a riconoscere che, nelle evidenze attuali, non è possibile trovare tracce che riportino con certezza oltre i primi del Settecento.
Elena Piccolo (vedi curriculum)