22 Febbraio 2013
Una terza perla di alto spessore culturale e di pathos è stata inanellata, ieri sera, dall’UNITRE di Augusta. Protagonisti: una giovanissima studentessa, già vincitrice del Concorso uni3 dello scorso anno, Silvia Mattei; il Segretario della Misericordia di Augusta Sebastiano Pustizzi, in rappresentanza del neo Governatore Marco Arezzi, influenzato; ed il prezioso Dott. Giuseppe Caramagno, Uomo di Mondo.
Ha introdotto la serata, come di consueto, il Presidente dell’UNI3 Dott. Giuseppe Caramagno che ha dato il benvenuto ai due Relatori: Silvia Mattei e Sebastiano Pustizzi, ed al Moderatore Salvo Cannavà ... ed, eccezionalmente, a se stesso, quale terzo protagonista dell’incontro. Non risparmiando complimenti per nessuno dei partecipanti. E sottolineando, dato l’argomento trattato, la folta presenza di Volontari Misericordia, presenti in sala..
Dopo un brevissimo cappello iniziale, da parte del Dott. Cannavà, ha aperto i lavori della Tavola Rotonda la giovanissima, bella e brava Silvia Mattei, che ha amabilmente disquisito su “Testimonianza prospettica e di speranza di una giovane”.
Esordendo ringraziando l’Uni3 per l’opportunità offerta ai giovani studenti dei Licei e degli Istituti Tecnici augustani, e segnatamente a lei, Vincitrice del concorso dello scorso anno, e stasera testimone della sua esperienza relazionale tra Città e Giovani. Non sempre, loro malgrado, protagonisti appieno della Società.
Distratta, quasi ossessionata da crisi economiche ed esistenziali. La Mattei accenna ai giovani, come ad una sorta di sognatori/viaggiatori del loro futuro. E la Città come luogo della loro identità. Molti giovani, compiuti i 18 o 20 anni d’età, lasciano la loro Città di origine. Spinti da un desiderio – bisogno di rinnovamento interiore.
Pur mantenendo sani legami ancestrali coi propri luoghi d’origine. La Relatrice affascina gli astanti con la metafora dell’Uomo e dell’albero. Ricordando teneramente le mani del nonno come i rami di un albero secolare; mentre le madri vengono viste come il fusto dell’albero. Ricco di afflato poetico la visione del giovane incarnata dall’albero del mandorlo: i rami rivolti al cielo e le radici robuste adatte a qualunque terreno e capaci di ripetuti trapianti in aree diverse.
Molti giovani, infatti, lasciano Augusta per potersi realizzare, nello studio, come nel lavoro. Rifuggendo, però, dal potenziale oblio delle origini, per dedicarsi ad una più profonda ricerca di se stessi, attraverso un percorso di crescita e di maturazione che, lungo il cammino, farà trovare cose non cercate, nel prosieguo di cercare cose non sapute.
Con un occhio sempre vigile e nostalgico rivolto ai luoghi d’origine. Silvia accenna alla propria esperienza personale di origine ragusana, trapiantata ad Augusta. Che si interroga sulla lacunosa conoscenza di Augusta, ed a sua volta di quanto Augusta la conosca.
Quanto, la Città a misura d’Uomo, conosce i suoi giovani? Ricordi perenni, luoghi, volti, scorci, suoni, profumi, colori. Falso abbandono della Città per esigenze di vita. Una specie di migrazione romantica alla ricerca della conoscenza, ma col cuore al ritorno. Confronto tra la propria città d’origine e le città di adozione temporanea, nel malcelato desiderio del rientro, magari da essere realizzato o solamente da essere emancipato. Lucido ed ordinato il pensiero di Sivia Mattei che riceve il meritato plauso degli Unitrini ed il positivo riscontro ed i complimenti del Moderatore.
Il Moderatore Cannavà si inorgoglisce nel presentare uno dei “suoi” ragazzi della Misericordia. Il secondo Relatore, infatti, è il nuovo Segretario Sebastiano Pustizzi, che interviene al posto del neo Governatore Marco Arezzi, ancora febbricitante, affrontando il tema “La realizzazione dell’uomo anche come servizio di volontariato proteso verso l’altro”.
Spigliato e padrone del microfono, Seby si complimenta con l’Uni3 per l’aver saputo realizzare un felice connubio tra giovani, non più giovani e … diversamente giovani. Il Pustizzi rammenta i progetti in itinere tra la Misericordia e l’Uni3 per uno screening sulla funzionalità visiva ed afferma come il Volontariato, specie in una Città abulica ed apatica come Augusta, vada visto anche come sfida ed autogratificazione. Difficile è bello.
Ed il Volontario augustano, dovendosi muovere tra scherni e pregiudizi, lo sa molto bene. Ma consapevole di un positivo messaggio di ritorno. Realizzazione di se stessi, crescita, maturità, arricchimento interiore. L’acuto Relatore prosegue il suo intervento esternando le sue personali esperienze all’interno della Misericordia. Iniziate, per caso, una decina d’anni prima, quale Obiettore di Coscienza per poter proseguire gli studi Universitari di Giurisprudenza, senza l’assillo del servizio militare di leva.
Egli fa un toccante riferimento ad un episodio di cui lo stesso Moderatore Cannavà, anch’egli nelle vesti di Soccorritore Misericordia, fu spettatore. In procinto di andare a ballare con la sua ragazza, nella tarda serata di un sabato ormai lontano ma mai più dimenticato, fu richiamato in servizio per il trasferimento in ambulanza di un infermo in fase terminale. Il paziente, vedendolo così giovane, gli chiese cosa avesse fatto se non fosse stato in servizio e Seby gli disse del suo progetto danzante.
Questi, allora, gli strinse forte il braccio ringraziandolo. E continuò “Ti ringrazio adesso perché domani non ci sarò per farlo”. L’indomani mattina, volgendo un occhio apparentemente distratto agli affissi murari, ne trovò il nome nei riquadri a lutto. Un’esperienza, afferma il Pustizzi, che gli ha cambiato la vita.
E che continua, ancora oggi, da affermato professionista, come Soccorritore e Dirigente. La realizzazione dell’Uomo, dunque, anche attraverso la crescita e la maturità del Volontariato in favore del prossimo. Voi, Unitrine ed Unitrini, siate Maestri di vita, scuola di empatia, paladini della dignità.
Alfieri dei valori morali. Una volta, durante la celebrazione di una S. Messa, il nostro Correttore Spirituale Frà Maurizio Sierna, ebbe a dire “non faccia del Volontariato, chi non è pronto all’ingratitudine”. E’ in questo breve pensiero che si può riassumere l’habitat in cui si svolge il Volontariato ad Augusta. Il Pustizzi prosegue nella sua accorata esposizione invitando gli astanti a partecipare alla vita della Misericordia che è più che mai viva ed attiva, senza rumori inutili, nel tessuto sociale della Città.
Da 28 anni, in marcata contrapposizione a vecchie e neonate associazioni che speculano sui bisogni e sulle disgrazie altrui. Anche persone non più giovanissime possono trovare degna collocazione all’interno della Misericordia.
Per esempio, nell’accudire bambini ed adulti, migranti dalle zone più martoriate dell’Africa, ospiti temporanei di Centri di accoglienza, ad esempio come il Cenacolo Domenicano di Solarino, meta settimanale dei Volontari Misericordia. Con questo appello si conclude l’intervento di Sebastiano Pustizzi, che viene sottolineato da un caloroso applauso di tutto l’uditorio. Anche il moderatore, visibilmente compiaciuto, si complimenta col suo pupillo.
Il momento più atteso della serata, al fine, è giunto. Con manifesta commozione il Moderatore introduce il Relatore principe della tavola rotonda odierna, il Dott. Giuseppe Caramagno. Non nella sua, seppur eccellente, veste di Presidente Unitre, ma in quella, altrettanto impegnativa, di Testimone di vita vissuta.
L’argomento, “Testimonianza storica di un adulto”. Giocando col “suo” pubblico Unitrino l’Amico Pippo Caramagno racconta del suo autogol estivo, allorché dalle sue elucubrazioni cerebrali, partorì il tema di questa tavola rotonda e si rese conto, ma troppo tardi, che il fine narratore più indicato sarebbe dovuto essere proprio lui. “Incastrato” come adulto relatore e protagonista di vita. Artefice di un viaggio lungo più di 70 anni. Augustano da generazioni e generazioni.
Uomo ed al contempo cittadino. Realizzatosi attraverso lo studio, il lavoro, la società, un tormentato cammino alla ricerca ed al ritrovamento della Fede. Il Dott. Caramagno fa cenno alla sua vita di ragazzino tra i 7 ed i 13 anni. Ai suoi chiari ricordi delle elementari e delle medie.
A quegli insegnanti mai dimenticati, che gli furono sapienti docenti e dotti maestri di vita. Di quella vita vissuta, in sicurezza, anche per strada; semplice, a misura d’uomo. Gli anni tra i 13 ed i 18 vissuti da esule per motivi di studio (per mancanza di Scuole superiori in Augusta). Gli anni dell’Oratorio. Allora, fucina di insegnamenti etici e morali.
A 35 anni, acquisita crescita e posizione, guarda con smarrimento gli anni precedenti, ma isola un ricordo, tra i tanti; una frase rivoltagli da un Sacerdote: “Domani sarete ciò che vi impegnate di essere oggi”. Ecco, nel giovane Caramagno, lo sprone, la chiave di lettura del suo impegno. Prima scolastico e poi professionale di studente lavoratore (già impiegato di Banca).
L’Amico Pippo ribadisce ancora l’importanza dell’Oratorio, come elemento di formazione e fonte di sapienza e di saggezza, di ispirazione cristiana. Calato nel mondo del lavoro dai 20 ai 65 anni, il Dott. Caramagno, sembra descrivere uno stato di appagamento sociale, ma di scontento interiore. Scopre il nesso tra Bontà ed umiltà.
Forse, ripesca dalla memoria i vecchi insegnamenti ricevuti dalla famiglia. La purezza del vero Amore. I sani principi inculcati dai genitori, in un sano e rassicurante ambiente familiare. In quel mondo ancora semplice, antecedente al disordinato avvento dell’industrializzazione selvaggia del nostro Territorio.
Che ha portato decadimento dei costumi, dei valori veri della Società, i falsi idoli e così via. Anche l’avvento dei grossi centri commerciali ha contribuito a snaturare il volto della Città. A modificare i luoghi di incontro; a favorire l’isolamento e l’emarginazione. Si guarda la TV, si attenzionano i video giochi; si perde il contatto umano. Il pensiero dell’eccelso Relatore corre, con vibrante commozione, alla Sua famiglia, a suo papà, alla sua mamma, ai suoi tre fratelli.
La cronistoria di vita prosegue toccando i temi delle relazioni umane anche sul lavoro, dell’Amicizia disinteressata, delle opportunità offerte dalla Città. Simpatico e pertinente il passaggio della relazione del Caramagno, riferito alla passeggiata tra i viali del cimitero, come in un giardino delle rimembranze, tra amici e conoscenti, congiunti ed illustri sconosciuti. In un bagno nel tempo che fu. Sorvolando la storia che passa, inesorabile, con o senza di noi.
Gli studenti, gli Unitrini e gli ospiti seguono con passione i voli pindarici della fantasia del Relatore che spazia in lungo ed in largo nei meandri dei suoi ricordi di Uomo. Di marito, di padre, di funzionario di banca, di uomo impegnato nel sociale. Ci avviciniamo all’acme della purificazione.
Scopriamo gli albori di una mai confessata crisi mistica. Intrisa di dubbi, di interrogativi, di intimità profonde, di significati della vita. Iniziata forse, secondo una lettura retrospettiva, con la morte del padre, foriera di sete di risposte sui misteri della vita.
Da accorto autodidatta, nel mezzo del cammin della sua vita, il Caramagno legge, si documenta, interroga, sfiora il mondo paranormale, si imbibisce con sconcerto di scienze umane, osticamente enigmatiche e non esaustive e portatrici di ulteriori tormenti interiori. Adduce la sua profonda scontentezza della vita, oltre che alla perdita del Padre, all’ermetico enigma sul mistero dell’Uomo, avulso dalle conoscenze della cosiddetta Scienza.
Scettica ed incapace di comprendere e sviscerare appieno il nocciolo più nascosto ed intimo dell’essere Uomo e del suo prosieguo dopo aver lasciato questa vita. La mente dell’appassionato Relatore corre ai ricordi di ragazzo, a quei principi di fede che gli erano stato inculcati e dai quali la “vita vissuta” l’aveva allontanato.
Forse, prosegue il Caramagno, intuì che era quella la chiave di volta per trovare l’agognata quiete dell’intelletto e dello spirito. Dato il tema odierno della Tavola rotonda, pur avendo già in passato condiviso con gli Unitrini questo viaggio quasi Diogeniano, alla ricerca dell’Uomo, a beneficio dei nuovi Soci e, soprattutto, dei giovani presenti, il Dott. Caramagno sottolinea l’importanza di questa testimonianza di questo profondo, doloroso, ma poi purificante, travaglio interiore. Fino alla scoperta, forse ad opera dello Spirito Santo, della Luce.
In quel momento sentì vacillare il trono del proprio “Ego” e trovò la forza per combattere il recondito peccato che lo attanagliava da tempo. Rimettendo Gesù, come perno del mondo ed al centro della sua vita. Il nostro Amico Pippo si interroga sul come avvenne tutto ciò. La mente torna indietro, alla partecipazione, senza successo apparente, ad un corso di Cristianità; finito il quale, con l’animo in subbuglio, rilesse, a tre anni dalla prima lettura, il libro “L’ipotesi di Gesù”, scritto dal Missori nel 1976.
Che lo “folgorò” con la frase del Pascal “Dio si introduce nella mente tramite la ragione e nel cuore a mezzo della grazia”. Espressione che lo seguì per giorni, ma nascondendone (o forse rifiutandone inconsciamente) il suo profondo significato. Fu allora che il pathos interiore, la voce dell’io, si elevò vibrante su di lui, a mo’ di rimprovero, dandogli del superbo e ammonendolo che la Grazia, Vita divina, si acquisisce tramite un’umile e liberatoria confessione sacramentale. La riscoperta, seppur tardiva, della “Confessione di Fede”, cambia la vita del nostro carissimo Amico Pippo Caramagno, che, dopo l’assoluzione dei suoi peccati, ritrova, finalmente, se stesso, ritrova la “Luce”.
Dopo quell’esperienza fu illuminato (oggi lo attribuisce allo Spirito Santo) e Gesù, diventa anche per lui il Figlio di Dio, Dio stesso. E quanto da Lui rivelato: Verità. Interpretò e sperimentò quanto scritto nel Vangelo di Giovanni 16,13: “….. In quel momento non mi chiederete più nulla ….”. Ed abbandonò i perché, i se ed i ma, dopo essersi accostato alla Comunione. Percepì la Verità sulla sete di infinito che albergava in lui, come alberga, o dovrebbe albergare, in qualsiasi altro uomo.
A dispetto dei tanti studi fatti, fu la forte spinta dello Spirito Santo ad indurlo alla Confessione, all’Eucarestia e lo introdusse alla Vita di Grazia e iniziò a bearsi del Credere nell’incredibile, nell’imprescindibile nel Mistero dei Misteri. Ma lo condusse ………. ed a questo punto la voce stentorea del nostro Relatore si fa roca per l’emozione e la platea lo incoraggia con un affettuoso applauso.
Subito ripresosi continua il suo dire, realizzando il vero senso della vita umana, la profonda consapevolezza della sua figliolanza divina ed intuì che la morte non aveva posto fine allo spirito di suo padre che, misteriosamente, continua a vivere nell’eternità. Ora il Caramagno, sublimato anche il ricordo del padre, ritrova la sua consueta energia comunicativa ed empatica, confermando, per esperienza personale, una fulgida frase dell’indimenticato Papa Giovanni Paolo II: “L’Amore di Dio è capace di chinarsi su ogni figlio prodigo, su ogni miseria, sul peccato. Quando ciò avviene, colui che è oggetto della Misericordia non si sente umiliato, ma come ritrovato e rivalutato”.
Oggi, continua Pippo Caramagno, sente crescere in se la fede, che lo spinge a comunicare l’Amore di Dio, Padre buono e misericordioso, a coloro che sono lontani da Cristo e dalla Sua Chiesa. Ed a donare il suo tempo per contribuire al bene della Città. Quella “illuminazione”, racconta ancora l’illustre oratore, si manifestò, per prima, ad opera di Padre Angelo Saraceno, che più volte lo aveva invitato a quegli incontri di fede.
Il momento illuminante della Confessione liberatoria prese vita presso i Padri Carmelitani Scalzi, nell’oasi di Monte Carmelo. Ed ecco come la città crogiuolo di stimoli contradditori appare sotto un altro firmamento, sotto un’altra Luce, se impariamo, ad esempio, ad apprezzare la “Casa di Preghiera”, misconosciuta e poco apprezzata, allocata meravigliosamente in mezzo al verde ed immersa nella pace della natura, a cui danno vita i Monaci Carmelitani di Monte Carmelo, ad un tiro di schioppo dal rutilante frastuono della nostra Augusta. Fu grazie a quei savi Monaci, infatti, che lui si riconciliò con Dio. Ricevette il perdono per i suoi peccati e ricevette lo Spirito Santo.
Fu così che potè riconoscere ed accettare, senza più alcun dubbio, che quell’Uomo chiamato Gesù Cristo, figlio del falegname Giuseppe, è l’unico figlio di Dio, incarnatosi per amore del Padre e dell’Umanità, per dare senso e ragione alla nostra vita, esprimendo, in sé: Via, Verità e Vita. Pippo Caramagno, allora, aveva 55 anni ed attraverso la dottrina degli Apostoli, trovò una nuova Luce e si chiarì in lui il mistero dell’Uomo e del suo cammino.
Non ebbe più dubbi: l’uomo è destinato all’eternità. “La vita ci è data per cercare Dio, la morte per trovarlo, l’eternità per goderlo”. Solo la scienza teologica gli ha offerto le risposte sul mistero dell’Uomo, attinte dalla rivelazione biblica e dalla fede cristiana professata dalla Chiesa. Il Caramagno si dice convinto che l’eternità, alla quale è destinato l’Uomo, è godimento di Dio.
Quindi, la morte spiega la vita. Allora l’uomo darà senso alla sua esistenza, compiendo scelte in piena conformità ad esso. E raggiungerà la sua piena realizzazione determinandosi obbligatoriamente ad esso. Diversamente, divergendo da esso, si svuoterà e perderà il senso dell’esistenza.
Per tale motivo, negli anni, il Caramagno ha cercato di trasmettere ai suoi compagni di viaggio Unitrini, le sue convinzioni sul grande valore del tempo e del suo saggio utilizzo, unitamente al buon utilizzo dei doni e virtù che Dio ha elargito. Il Dott. Giuseppe Caramagno conclude il suo splendido intervento invitando l’Uomo a realizzarsi nella sua città, alla luce della rivelazione divina.
Amare Dio, è amare il Prossimo. Ed attribuisce ai 15 anni passati per e con l’Uni3 uno dei doni avuti da Dio, che ha rimesso a tutti noi, da Volontario e da Uomo maturo, proteso ancora ad una migliore realizzazione di se nella e per la sua città natale, Augusta.
Il Moderatore, placatisi gli affettuosi applausi, rivolge parole di encomio verso il Relatore che ha esposto una delle più belle pagine ascoltate in tutto il ciclo di tavole rotonde, fin qui percorso.
Ed ha stimolato gli altri due Relatori ad intervenire sulle argomentazioni trattate dal Caramagno. A tal uopo, mi piace segnalare un calzante motivo di riflessione di Sebastiano Pustizzi che mette in guardia dai giovani che manifestano segni di vecchiaia e che ammira i non più giovani (o diversamente tali) che, anche attraverso l’Uni3, si vogliono mantenere giovani.
In chiusura, il Dott. Caramagno torna a rivestire i panni di Presidente Uni 3 e, prima di ringraziare Relatori, Moderatore ed intervenuti, fa un ulteriore appello alla riscoperta dei valori veri della Società ed alla riconduzione della Città a misura d’Uomo.
Attraverso la riscoperta delle individualità, della famiglia, dei valori immutabili del bene e della lealtà. Auspicando confronti generazionali mutuamente arricchibili di esperienza, di sapere e di conoscenza.
E dandosi risposte, e non solo formulando domande, sul vero senso della Vita e della Città, più o meno a misura d’Uomo, dove essa scorre.