4 tavola rotonda 2015_1Pubblichiamo le due relazioni del Dr. Felice Morana e del Prof.re Alfio Castro, che hanno esposto in occasione del 4° incontro a Tavola Rotonda del 26 febbraio 2015.

 

 

Sintesi della relazione del Dr. Felice Morana: “Quale vita oltre la vita”

Scopo di questa conversazione è quello di focalizzare l’attenzione su quale sarà la nostra vita dopo la vita, si pensa che la nostra vita non ci viene tolta ma trasformata in una nuova dimensione.

Il pensiero della morte: cosa è la morte? Essa è paragonata al sonno, morire è come addormentarsi, è come dimenticare tutte le proprie pene, tutti i ricordi dolorosi e inquietanti cadono nell’oblio.

4 tavola rotonda 2015_7La morte è un passaggio di stato: il passaggio dell’anima o della mente da questa  a un’altra dimensione.

Oggetto di analisi in questa esposizione sono le cosiddette esperienze di premorte, cioè i racconti di coloro che sono rimasti privi di parametri vitali per alcuni minuti o ore e poi sono stati rianimati.

4 tavola rotonda 2015_8Ma cos’è l’esperienza premorte? Il filosofo e medico americano R. Moody se ne occupò per primo fin dal 1975, raccogliendo le testimonianze di circa 150 casi di esperienze di persone tornate in vita dopo essere state credute o dichiarate clinicamente morte dai medici.

Molti di loro hanno riferito una esperienza che sembra testimoniare l’esistenza di un aldilà. la maggior parte di queste persone riferiscono di essersi sentiti trascinati in un tunnel di luce intensa e sono giunti in un luogo idilliaco, pieno d’amore.

Alcuni riferiscono di avere incontrato i loro cari defunti, altri hanno visto esseri meravigliosi, questi soggetti provano sensazioni di pace profonda, di totale benessere; alcuni riferiscono di avere visto “il film” della propria vita.

La scienza si interroga e molti neurologi e rianimatori dichiarano: ”sono semplici allucinazioni prodotte dalle endorfine  in un cervello stressato e senza ossigeno”.

Al momento della morte il cervello emette  delle endorfine  per attutire il dolore specie fisico, sostanze simili all’oppio, droghe morfinosimili  che per la scienza sarebbero l’origine di queste visioni.

Ma ciò non è una sufficiente spiegazione: non si spiega come un cervello rimasto senza sangue e senza ossigeno non si decomponga.

L’aldilà’ esiste davvero. Da millenni, le varie professioni di fede hanno sostenuto l’immortalità dell’anima che continuerebbe a vivere di vita propria anche dopo la morte.

Si pensava, in passato, che la coscienza avesse fine quando il cervello smetteva di funzionare, perché’ allora nonostante la morte cerebrale, un cervello spento privo di attività’ elettrica, come può’ avere allucinazioni e costruire false memorie?

Molti soggetti raccontano, in modo esauriente, quello che è successo durante la rianimazione. Descrivono con esattezza come erano vestiti i medici, riferiscono dettagli delle loro conversazioni, ciò significa che la mente può continuare ad esistere dopo la morte del corpo. In parole povere  pare che la mente sia un prodotto del cervello.

Se continueremo ad esistere dopo la morte corporale, ci si domanda: in quale dimensione, in quale luogo e con quale immagine?

Tutte risposte che si potrebbero esaudire nel grande mistero della risurrezione della carne.

Secondo la nostra coscienza di cristiano, se vogliamo, possiamo “attingere” informazioni dalla bibbia, grande maestra di vita.

La risurrezione fu annunciata prima dai profeti e poi confermata pienamente da Gesù e dagli apostoli: “ci sarà una resurrezione dei giusti e degli ingiusti” (atti degli apostoli 24,15).

A tale proposito, Papa Francesco nell’udienza del 4  dicembre 2013 ha affermato:

“la resurrezione della carne è una realta”.

Egli si è espresso così: “Lui è risorto e poiché Lui è risorto anche noi risusciteremo, non ci risusciteremo da soli, solo Cristo porterà a compimento questa rivelazione. Questo è il nostro destino”.

Felice Morana.

 

 

Sintesi della relazione del Prof.re Alfio Castro :"Il mistero della vita e dell’aldilà attraverso la filosofia"

Che cos’è il mistero?

Il senso nascosto della vita che sfugge alla ragione.

  • Il Tema del mistero è presente in tutte le tradizioni religiose per designare la sfera della vita divina distinta da quella umana.
  • Il cristianesimo designa Gesù Cristo come mistero di Dio che viene rivelato all’uomo perché ne diventi partecipe.
  • La cultura moderna tende a contrapporre al mistero la luce della ragione, la sensibilità odierna ha riscoperto il significato positivo e creativo dell’orizzonte di mistero che avvolge il destino dell’uomo.

Le religioni dei misteri

4 tavola rotonda 2015_10Il mistero ha da sempre a che fare con la religione. In particolare si parla di misteri, al plurale, in diverse forme di religiosità che fioriscono tra l’8° secolo a.C. e il 3° secolo d.C. in Persia, in Egitto, nell’Asia Minore, in Grecia e poi nell’Impero Romano.

4 tavola rotonda 2015_11Tali forme di religiosità nascono dal desiderio di un rapporto diretto e personale con la divinità, che resta avvolta per gli uomini nell’oscurità. I misteri sono verità sugli dei e sulla vita che aspetta l’uomo oltre la morte, che vengono comunicate nel segreto. Per diventarne partecipi è necessario purificare la mente e il cuore e ascoltare con venerazione gli insegnamenti di coloro ai quali sono stati rivelati.

I più celebri sono i misteri eleusini (dalla città di Eleusi, in Grecia). Alla loro origine vi è il mito che racconta della bellissima fanciulla Persefone (Proserpina per i Romani), figlia di Demetra (la romana Cerere), dea della terra e della fertilità, e di Zeus (il romano Giove), re di tutti gli dei.

Nell’Età moderna il significato di mistero subisce profonde trasformazioni. Si afferma, infatti, il desiderio di spiegare con la ragione tutto ciò che tocca la vita e il destino dell’uomo. La ragione diventa in tale modo il giudice supremo chiamato a riconoscere la verità e a rifiutare la falsità.

Il mistero dell’esistenza

Da sempre l'uomo ha cercato risposte riguardo l'origine del mondo, la fine della propria breve vita, su quello che accadrà dopo, cosa rimarrà di ogni individuo quando sarà passato, come si sia potuto creare tutto da una semplice casualità cosmica che ha determinato la storia di miliardi di persone pensanti, che hanno voluto lasciare le loro idee ai posteri, per continuare la ricerca della verità, anche se, dopo millenni, l'infinita essenza della vita ama ancora nascondersi.

La soluzione è quasi introvabile perché una vita non basta per analizzare e comprendere razionalmente ogni effimero significato delle realtà. Così l'uomo si ritrova con tanti indizi in mano che cattura mediante la propria sensibilità o la forma d'arte per cui è portato. Può trasformare i sentimenti in note musicali, può immortalare l’anima del tempo con delle fotografie, può dipingere sulla tela con il pennello delle esperienze, può ricalcare con l’inchiostro tra le righe la propria necessità di comunicare qualcosa agli altri, indizi che gli servono a sentirsi in pace con se stesso e a credere di aver trovato il proprio posto nel mondo, poiché la soluzione del mistero della vita è cosa troppo grande per la natura di un piccolo essere umano.

LA FILOSOFIA, LA MORTE e l’aldilà

  • Impossibilità di sviluppare questo tema, perché la filosofia s’interessa dell’aldiquà e dei limiti della conoscenza umana.
  • La dottrina di Epicuro sulla morte è semplice ed immediata. Il problema non è il fatto del morire, ma la paura della morte, quel sentimento che tanto ci turba e ci impedisce di raggiungere la serenità interiore. Come combatterla? La soluzione di Epicuro è questa: “Quando ci siamo noi, non c’è la morte”. E viceversa.     Epistola a Meneceo, 124-127

Gabriel Marcel

“Nel Mistero ci sono dentro”

Omero chiamava gli uomini “i mortali” (oi brotoi), mentre “gli animali” li chiamava (ta zoa) “le cose che vivono”.

Per capire il rapporto tra la filosofia e il tema della morte bisogna porre delle premesse generali, infatti, nel suo lungo procedere storico, essa ha visto il comparire di dottrine di orientamento generale molto vario e spesso estremamente divergente.

A nostro avviso si possono raggruppare in tre gruppi: alcune sono di indirizzo teistico/spiritualistico, altre di indirizzo ateistico/materialistico, altre ancora hanno esposto tesi agnostiche.

In rapporto al tema dell’esistenza di un’anima capace di sopravvivere al processo di morte (come in rapporto analogo con il tema dell’esistenza di Dio) le posizioni si possono così definire concettualmente con le seguenti affermazioni:

  1. ‘esiste l’anima’ è la posizione teoretica più diffusa che da Pitagora e Socrate arriva sino a Plotino; Platone – Il mito di ER nella Repubblica libro 10.
  2. non esiste alcuna anima (è la posizione tendenziale degli atomisti, da Leucippo e Democrito sino a Epicuro e Lucrezio);
  3. l’uomo non potrà mai sapere se esiste o meno un’anima (è la posizione, grosso modo, agnostica che da Protagora giunge sino alla scuola scettica).

LA MORTE DOPO LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Nel Settecento Voltaire e Kant posero con nettezza il problema di una nuova religiosità compatibile con il libero esercizio ed i principi della ragione: il filosofo francese affermò la necessità di giungere al concetto di un Dio unico per tutti gli esseri umani, superando così ogni appartenenza confessionale collegata ad una qualche rivelazione storica per sua stessa natura limitata, esclusivista ed intollerante, il pensatore tedesco, a sua volta, pose a fondamento universale della religiosità il principio etico della fratellanza tra tutti gli esseri umani. 

Con l’Ottocento ed il Novecento il tema della morte considerato nella sua dimensione metafisica è progressivamente scomparso dal dibattito intellettuale, essendo di fatto sorta in Europa una nuova ‘fede laica’ nella Scienza e nel Progresso tutta intenta a costruire una migliore condizione per gli esseri umani di ‘questo’ mondo.

Una parziale eccezione a tale orientamento è stato l’esistenzialismo, corrente filosofica sorta in Europa nel periodo collocato tra le due guerre mondiali.

Essa ha sottolineato, proprio contro il trionfante ed onnipervadente pensiero ‘oggettivistico’ della scienza, la irriducibilità dell’uomo a ‘cosa’, in quanto egli è ente consapevole e libero; inoltre, contro la tradizione metafisica occidentale (culminata nel sistema hegeliano) ha fatto valere il principio della coscienza ‘individuale’ in polemica con ogni prospettiva ‘totalizzante’ (si chiami questa: Dio, Assoluto, Spirito o quant’altro) che conduce alla svalorizzazione dell’esistente concreto, cioè la singola persona storicamente esistente.

Per l’esistenzialismo l’uomo, anche dopo la caduta delle tradizionali certezze religiose o metafisiche, non può fare a meno di confrontarsi con la ineluttabilità della sua stessa morte e con il relativo sentimento di angoscia.

Su questa linea di pensiero si collocano pensatori come Karl Jaspers, Martin Heidegger (nel suo testo fondamentale Essere e Tempo del 1927) e Jean Paul Sartre ( la cui opera fondamentale L’Essere e il Nulla data al 1943) i quali concordano, al di là delle diversità prospettiche individuali, sul fatto che la morte sia comunque ed irriducibilmente il termine ultimo (e dunque fondamentale in quanto imprescindibile) di ogni libertà umana e di ogni progettualità individuale.

In Heidegger è proprio la morte la ‘possibilità’ più propria dell’Esserci (cioè dell’individuo concretamente esistente) e quindi quella più “propria, incondizionata, certa, e come tale, indeterminata ed insuperabile” (Sein und Zeit, 52). In conseguenza di ciò per il pensatore tedesco solo il costante confronto con la morte può salvare l’uomo da un’esistenza inautentica: “Il filosofo – afferma Heidegger – progetta la sua esistenza autentica come un ‘essere per la morte’ “.

L’esistenza ‘inautentica’, per contro, è quella dei più, definibile come banale, convenzionale, insignificante, meccanica, omologata all’opinione comune, passiva, priva di una vera consapevolezza.

Nell’ambito, infine, delle ricerche parapsicologiche, a partire soprattutto dagli anni settanta del XX secolo sono state effettuate molte indagini circa le cosiddette ‘esperienze extracorporee’ (in sigla: O.B.E. = Out of Body Experiences) e quelle realizzate nel periodo di pre-morte (in sigla: N. D. E. = Near Death Experiences) studi che hanno sviluppato quelli, ad esempio, dell’italiano Ernesto Bozzano il quale in merito scrisse due opere: Le visioni dei morenti e La crisi della morte. Pur essendo controversi i giudizi circa la ‘fondatezza oggettiva’ dei relativi resoconti che spesso riferiscono di uno spostamento della coscienza in altre dimensioni dell’Essere a seguito di eventi gravemente traumatici, rimane incontestabilmente interessante quantomeno la ‘realtà psicologica’ di quelle straordinarie esperienze la cui esistenza è stata documentata dalla ricerca antropologica presso tutte le più diverse culture umane.

Nel Cristianesimo.

Kerygma cristiano: Gesù Cristo è morto e risorto.

Dal Vangelo secondo Marco (9, 2-10)

Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!».

La trasfigurazione è anticipazione della gloria del Risorto. Solo chi s’incammina con Cristo sulla via della croce, può giungere con lui alla gloria luminosa della risurrezione.

Giovanni 14, 6. “IO sono la Via, la Verità e la Vita”

Prof.re Castro Alfio

Queste tutte le foto dell'incontro in aula.


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